DEAR JACK
La curva a gomito? Magari con il prossimo disco

DEAR JACK <BR> La curva a gomito? Magari con il prossimo disco

Riassunto delle puntate precedenti. I Dear Jack escono da Amici, Fanno Sanremo, perdono Alessio Bernabei che decide di intraprendere la carriera solista (che ad onor del vero sembra esser sparita ancor prima di esser decollata), ingaggiano Leiner, fanno un secondo Sanremo, perdono il secondo frontman.

Nel mezzo tournee, dischi, firmacopie, premi, riconoscimenti, vendite. Tornano, con un’immagine diversa che in prima battuta potrebbe esser da imputare alle aperture dei live de Le Vibrazioni, solo dopo capisci che look e mood vanno di pari passo. Sì perché i Dear Jack sono nel limbo tra ciò che erano e ciò che potrebbero essere. “Non è un caso se…” non è un album di inediti, visto che ve ne sono contenuti sono due, ma è il presentare al pubblico la nuova formazione a quattro, senza nuovi ingaggi esterni rimangono in scena Lorenzo Cantarini che insieme a Riccardo Ruiu rappresentano le voci, Alessandro presti e Francesco Pierozzi. Viene chiamato alle armi Federico Zampaglione uno che ha l’incisività della stesura ben definita e palpabile, così non è un case se, scusate il gioco di parole, il graffio dei Tiromancino si sente. Eppure, eppure “L’impossibile” da una nuova chiave di lettura, perché te li vedi sulla linea di start pronti ad aspettare il colpo di pistola giusto e mostrarci- finalmente- chi vogliono diventare.

Come state?
Ci ritroviamo ad avere molte energie ed essere veramente propositivi. Siamo sempre sul pezzo.

Siete caduti dopo due frontman persi, in piedi qual è il segreto?
Fa piacere che questa cosa venga notata. Alla base c’è la passione per ciò che amiamo fare nella vita. Altrimenti non avremmo superato i problemi e le fatiche. Sentire la fiducia esterna e volersi bene

Cambiano gli equilibri?
Nel nostro caso non sono mai cambiati. Tar noi quattro c’è sempre stato lo stesso tipo di rapporto.

In questo periodo dopo tutto quello che è successo, ci sentiamo che sono 5 anni e non è che siamo veterani, ma non siamo neanche sprovveduti. Non ci siamo ritrovati nell’avere fretta di imporci sul mercato, di trovare il pezzo giusto per il posto giusto. La nostra esigenza era di fare musica che fosse nostra. Un obiettivo che non è definitivo. Noi crediamo in una nostra evoluzione personale, musicale e artistica. Abbiamo ancora molto da scoprire però i compromessi con noi stessi, i nostri limiti, i nostri scontri, abbiamo consapevolezza che questa cosa ci dà una forza enorme. L’obiettivo è sempre quello fare musica. Oggi sono pochi che ragionano sull’autenticità, c’è sempre aspetto del marketing del look.

Siete passati da teen band a band adulta?
Sì. Venendo da Amici l’aspetto teen è stato un processo naturale. L’aspetto musicale però è stato chiaro sin da subito. Allo stesso tempo ti dico per i Beatles, per assurdo, l’immagine era importantissima. I Beatles hanno avuto i teenager per tanti anni. Stavano anche su riviste patinate

Dov’è la vostra centralità musicale?
Ci sentiamo di essere vivi musicalmente sul palco e sappiamo che si sente come lo emettiamo noi cosa cantiamo e suoniamo. Quando sentiamo che c’è un rapporto fisico con il pubblico. Siamo una band piuttosto pop ma ci sentiamo rock. Dal vivo il nostro lato rock emerge molto di più per qualcuno potrebbe essere inimmaginabile. Noi vorremmo puntare su questo aspetto. Non a caso nei due pezzi nuovi e nella cover ci sono riff, assoli, musica suonata.

E’ una cosa che abbiamo riscontrato nei live con Le Vibrazioni. Il pubblico loro, storico, è abituato a d ascoltare musica suonata davvero. Per noi non poteva capitare occasione migliore. Abbiamo interscambiato energia, un rapporto con il pubblico.

Siete scesi a patti per questo disco?
Bisogna sempre accettare dei compromessi, accade a chiunque e comunque. Ci siamo ritrovati a dover ottimizzare le risorse e ha comportato a una serie di scelte ragionate. Abbiamo dato il massimo. Abbiamo avuto il sostegno del manager, della casa discografica, di Federico Zampaglione, Diego Calvetti. Lavorare con persone che credono nel progetto, di base è una soddisfazione importante

Eravamo convinti di poter uscire con dieci inediti nuovi. Eravamo convinti di fare una curva a gomito. L’idea ci allettava, passato un anno e mezzo, sarebbe stato un disco eccessivo. Abbiamo pensato di mettere un punto esclamativo sul nostro percorso degli ultimi quattro anni. La prossima volta faremo la curva a gomito. Si percepisce che siamo ancora trattenuti. Arriverà il momento che supereremo alcune nostre paure, arriverà il momento che i Dear Jack cammineranno con e proprie gambe a prescindere dal percorso intrapreso, seppur il passato ce lo teniamo stretto.

Cosa vi fa paura ora?
E’ un epoca in cui si fa fatica a guardare in avanti mantenendo un senso di speranza, un Karma collettivo che si abbatte su tutti. Tutti noi collettivamente nutriamo un senso di colpa di come viene gestita economia, natura, cultura. Pesa, a tutti. C’è la paura del futuro perché non ci so no punti fermi i valori stanno cambiando. La frase “Si stava meglio quando si stava peggio “non è mai stata triste come in questa epoca.

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