Intervista – FABRIZIO MORO: Nonostante le nostre differenze, siamo tutti uguali
Fabrizio Moro ripropone con una nuova veste “Il senso di ogni cosa” brano scritto nel 2009.
Intervisto Fabrizio Moro, il giorno dopo l’apertura agli spostamenti tra regioni che detta così può non significare nulla. Il lockdown per molti di noi è stata occasione di riflessione sul proprio percorso, sulle cose che ci circondano, riportandoci forse a una corretta prospettiva nel dare valore e senso a ciò che abbiamo costruito in questi anni. La carriera di Fabrizio Moro è stata per diversi anni altalenante, un cantautore scomodo che ha avuto il coraggio di raccontare le cose dandogli il loro giusto nome prima, la rabbia, la capacità di raccontarsi attraverso i brani, poi. E’ stato naturale fare un bilancio, un percorso a ritroso, in cerca di senso, libertà e pace, volendo.
Da cosa è dipesa la scelta di riproporre “Il senso di ogni cosa” un brano del 2009, oggi?
Avevo già in mente di andare a riprendere una serie di vecchie canzoni d’amore pubblicate che comunque sono uscite in un momento in cui non c’era un riflettore importante puntato su di me. Sono canzoni che hanno avuto minor chance rispetto a quelle degli ultimi anni. Questa è una canzone a cui volevo particolarmente bene. In quarantena stavo cercando di scrivere il mio nuovo album di inediti poi mi sono bloccato perché sono diventato apatico a causa di quanto stava accadendo. Mi sono messo a riprodurre dei vecchi brani e tra questi, appunto, Il senso di ogni cosa, spiccava per il suono che riuscivo a dargli o per le caratteristiche che ha in più questa canzone.
E’ tra l’altro il primo videoclip in cui vesti i panni del regista. Cosa hai percepito nel senso di ogni cosa che ti è stato donato dalle persone che hanno aderito alla tua iniziativa?
Ho avuto una sensazione particolare. Quando ho visionato i video mandi, ho pensato che nonostante le nostre diversità siamo tutti uguali. Appena ho fatto questa richiesta i ragazzi mi hanno mandato una moltitudine di video, la maggior parte avevano gli stessi contenuti, perché quando si pensa al senso di ogni cosa ognuno d noi pensa all’amore della propria vita che può essere un figlio, un padre, uno strumento o un animale.
Hai detto che hai ripreso dei brani che hanno avuto meno luce. Come descriveresti il tuo percorso musicale?
Poco equilibrato. Ci sono stati dei momenti molto bassi e altri molto alti. Altalenante. Sono una persona che non ha mai avuto un sostegno manageriale importante, per cui ho fatto sempre di testa mia, un po’ per scelta e per carattere, ma anche perché non mi è capitato. Sono andato addosso a muri pur sapendo che ci stavo andando.
Sei infatti uno dei pochi artisti che si è sempre preso la responsabilità di cantare e dire il proprio pensiero, tuttavia negli anni la rabbia con cui cantavi è andata scemando.
Sarebbe grave se fosse il contrario. A quarantacinque anni attraverso degli errori mi sono evoluto in meglio, perché mi sento meglio rispetto a prima, e con il prima intendo i primi lavori in cui ho messo la testa fuori dalla cantina. Mi sono portato dietro per anni la rabbia del marciapiede. Nonostante Pensa mi abbia concesso di vivere di questo mestiere, quando tu convivi con la rabbia per tutta la tua adolescenza anche se ti accadono cose belle, devi metabolizzarle e per farlo ci vuole del tempo, come per un pugile. Io faccio sempre l’esempio con il pugilato perché è uno sport che amo, la metafora precisa della vita. A un certo punto, quando inizi a vincere gli incontri, perdi il contatto con il tuo animo selvaggio, può essere drammatico o piacevole come è accaduto a me. Ho trovato un equilibrio, vuoi per il tempo che è trascorso dal primo album, vuoi perché sono diventato padre, vuoi perché ho fatto passi enormi che non mi aspettavo di fare. Quando urli e sei troppo arrabbiato, inoltre, ti capisce solo chi è arrabbiato come te. Quando tu quella rabbia riesci a trasformarla in un messaggio, riesce ad arrivare anche a quelli che non sono incazzati come te ed è un compito importante per un cantautore. Facciamo un lavoro che si basa sulla comunicazione. Per comunicare delle cose, ho capito che bisogna parlare a bassa voce.
Pensi che ci sia oggi quella voglia di ascoltare messaggi scomodi?
Dipende come ne parli. Quando riascolto le mie cose, dei messaggi con filone politico o un disagio sociale, credo ancora che ci sia bisogno di questo ma ammetto che bisogna avere l’esperienza giusta per raccontare certe situazioni. E’ normale che se io vado a parlare con un ragazzo di vent’anni oggi che è arrabbiato come ero arrabbiato io a vent’anni so spiegargliele meglio. Questa è una cosa che ho acquisito con il tempo. Il ragazzo di vent’anni ha bisogno di sentire quel messaggio, ma di sentirlo da un uomo più grande. Questi sono ragionamenti che fai negli anni quando cammini nel tuo percorso di cantautore, è molto improbabile che un cantautore che espone determinati argomenti venga ascoltato da quelli della sua età. Io quando vado ai concerti di Vasco o di Ligabue ci sono ragazzi più giovani, non ci sono loro coetanei. Questo è quanto accaduto nel mio percorso. Oggi i ragazzi che mi ascoltano hanno dai venti ai trentacinque anni, sono molto più giovani di me. Si fidano di quello che io racconto, perché racconto le cose in modo coerente, avendole vissute, in primis.
Cos’è per te la libertà oggi, anche alla luce del periodo che abbiamo vissuto?
Si è semplificato il suo significato di libertà. Prima era legato a cose più grandi di me. Parto dalla mia storia, partendo da zero per essere libero credevo che avessi bisogno di avere successo, un potere mediatico, delle economie più importanti per avere la mia indipendenza su tutto. Questo è indubbiamente importante, quando non hai nulla, non hai potere di parola, sei messo da una parte, la libertà devi costruirtela. Oggi che ho potuto godere di quanto ho costruito in questi anni, che non ho potuto vedere i miei amici, i miei figli per quasi un mese a causa del lockdown, ho capito che la libertà è una cosa molto più semplice. E’ legata alle piccole cose. Se potessi descrivere la libertà ti direi che è avere la possibilità di fare le piccole cose che appartengono alla nostra quotidianità ad esempio andare a bere una birra con un amico, senza aver paura di ammalarci. Questa è una cosa che abbiamo sempre dato per scontato. La prima volta che ho bevuto una birra con un amico, qualche giorno fa, mi sembrava di essere dentro un film, godevo dell’aria aperta, delle parole del mio amico. Non è tanto il tempo, più che altro c’è stato un momento in cui non sapevo quando sarei potuto tornare a fare queste cose, è questo che mi ha distrutto. Noi ci siamo tornati abbastanza presto alla nostra quotidianità, sono passati solo due mesi. Poter tornare a vivere la propria normalità è quello ti rende uomo libero. Avere la possibilità di prenderti cura delle persone che ami, questa è una cosa che ti rende libero.
Com’è cambiato il tuo rapporto con la musica?
Ho dedicato la mia vita alla musica. Quando andava male, odiavo la musica e questa frustrazione la esprimevo nelle mie canzoni. Negli ultimi anni ci sono stati tasselli che ho toccato e che mi hanno gratificato come la vittoria a Sanremo, i primi tour nei palasport, ho suonato nello stadio della mia città. Ho visto che tutto il sudore che ho buttato in questi vent’anni, è servito per iniziare a raccogliere i frutti. Il mio stato d’animo si è rasserenato ed è cambiato il mio approccio con la musica e le canzoni. Ho studiato la musica, sono partito da autodidatta suonando pianoforte, chitarra, basso e batteria. Quando le cose andavano male, io giravo per casa e se vedevo una chitarra la nascondevo. Ora ho un rapporto meno conflittuale e più didattico. In questi mesi mi sono messo a studiare pianoforte, a studiare gli arrangiamenti senza un produttore, è cambiato tutto.
Hai trovato la pace?
Ci sono dei momenti in cui credo di averla trovata. Mi sveglio la mattina e mi sento bene con il mondo. Ci sono altri attimi in cui il disagio prende il sopravvento. Non ho ancora capito se voglio raggiungere un equilibrio, in questo senso, perché in realtà mi fa un po’ paura il fatto di rasserenarmi con tutto e tutti perchè ho paura di perdere la pigna, come diciamo a Roma. Ci sono ancora dei obiettivi prefissati davanti a me che non ho ancora raggiunto, da anni e c’è una parte di me che questa pace non vuole ancora trovarla.
IL VIDEO DE “IL SENSO DI OGNI COSA”
IL TESTO
La la la la la la la
Posso fare a meno dei milioni
Tanto portano solo problemi
Ma non posso fare a meno del vino
Non amando troppo gli schemi
Posso fare a meno di un motore
è troppo bello camminare
Posso fare a meno di sapere
Perché spesso preferisco immaginare
Ma che dire che fare
Quando io io non posso fare a meno di te
Che sei l’infinito tra i miei desideri
La la
Tu che sei il sogno più grande tra i sogni più veri
E questa canzone
Che gira e rigira la dedico a te
Il mio unico amore
Il senso di ogni cosa che c’è
Posso fare a meno del silenzio
Preferisco comunicare
Posso fare a meno di un partito
Tanto il pane me lo devo guadagnare
Ma che dire che fare
Quando io io non posso fare a meno di te
Che sei l’infinito tra i miei desideri
La la
Tu che sei il sogno più grande tra i sogni più veri
E questa canzone
Che gira e rigira la dedico a te
Il mio unico amore
Il senso di ogni cosa
Per te che sei l’infinito tra i miei desideri
La la
Tu che sei il sogno più grande tra i sogni più veri
E questa canzone
Che gira e rigira la dedico a te
Il mio unico amore
Il senso di ogni cosa che c’è
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