Intervista: FASMA – La musica rende la rabbia producente
Fasma, dopo l’avventura a Sanremo giovani con il brano “Per sentirmi vivo”, con il quale è entrato a gamba tesa in tutte le classifiche, è pronto a tirar fuori un album ricco di sincerità e rabbia, in pieno stile Fasma.
Il secondo album dell’artista romano classe 1996 si chiama “Io sono Fasma”, perché l’intenzione del cantante è quella di uscire subito allo scoperto.
Nel tuo nuovo album ho trovato molta rabbia in più o meno tutti i brani. È un concept che hai voluto dare di proposito?
Io ho da sempre iniziato a scrivere per sfogo, automaticamente uno si sfoga della rabbia e butta fuori chi è quando nessuno lo vede. È bello vedere quanto questa rabbia, che per me è sempre stato un grosso peso, grazie alla musica può essere veicolata in un’altra maniera, in modo che faccia uscire qualcosa di più producente che la rabbia stessa.
Ho sentito una forte presenza di chitarre nell’album. Raccontaci un po’ di questa scelta.
Tutto questo lavoro nasce con molta naturalezza, non vogliamo seguire nessun canone o genere. Rispettiamo tutti i generi, ma proprio per questo non ci definiamo con un genere preciso. Noi vogliamo far musica per far musica. Quando scegliamo una chitarra è perché lo riteniamo il veicolo migliore per dare peso ad ogni parola che volevo scrivere. La scelta che abbiamo preso io e GG, il ragazzo che si occupa delle strumentali, non è stata studiata a tavolino, ma è stata una scelta dettata dalle emozioni. Abbiamo cercato di rischiare e di reinventarci continuamente.
Hai già pensato a come presentarlo live?
Ovviamente sarà presente la band. La figata di quest’album è che deve essere suonato live e posso presentarlo giocandoci un sacco. Niente dell’album è stata studiata a tavolino, e ora l’unica cosa che ci importa è rimanere coerenti con noi stessi, perché la coerenza è quello che fa grande un artista. La gente che viene a sentirci non deve aspettarsi un’esibizione, perché non sarebbe coerente con la persona che sono, ma vogliamo portare empatia con il pubblico. Le persone che mi ascoltano non sono solo dei fan ma sono persone che mi hanno capito e sono convinto che in quella sala si potrà creare un momento da vivere insieme e non solo un momento in cui si guarda una persona cantare
Come hai vissuto l’esperienza a Sanremo e cosa ti ha lasciato?
È stata una figata, molto costruttivo per quanto riguarda le consapevolezze interiori ed è un ricordo che sono felice di avere. La cosa più bella è stata condividere questa esperienza insieme agli amici, perché essere al festival con le stesse persone con cui stai sempre è stato come stare sempre a casa.
Da quando hai capito che la tua strada era quella della musica? E chi ti ha appoggiato fin da subito?
La scelta della musica è stata una scelta progressiva. Ancora oggi capisco che la mia vocazione è la musica, ma voglio vederla in modo molto naturale. Abbiamo aperto una casa discografica che possa dare spazio anche ad amici che vogliono provare a cimentarsi in questo mondo. È un progetto che è nato tra amici che non riuscivano a trovare nessuno stimolo che li portasse a fare musica. Sono consapevole che la scelta di fare musica è una scelta molto ardua, perché fa paura buttarsi nel mondo artistico, ma è proprio questa paura che ci ha portato a dare sempre di più, ed entrare in gara non con il mondo, ma con noi stessi.