Intervista – LA CRUS: il nostro primo disco penso sia ancora avanti

Nel 1995, i La Crus portarono alla luce un’opera destinata a lasciare un segno profondo nella musica italiana.
Il loro esordio omonimo non fu solo un disco, ma un manifesto poetico, un intreccio di canzoni rarefatte e cariche di pathos, capace di evocare un mondo fatto di inquietudini metropolitane, amori fragili e visioni crepuscolari.
Un album che, tra riconoscimenti e applausi, tracciò il percorso di una band unica, sospesa tra il cantautorato più raffinato e il suono avvolgente dell’elettronica.
Oggi, quasi trent’anni dopo, Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti hanno riportato sul palco quell’universo sonoro, chiudendo a Milano (il 27 marzo) un viaggio che ha ripercorso l’anima di un debutto leggendario.
Un ultimo atto di un tour intimo e potente, un ritorno al cuore di quelle canzoni che ancora vibrano di emozione e memoria. Di questo, e di molto altro, ne abbiamo parlato con Mauro Ermanno Giovanardi.

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L’INTERVISTA
Dopo i primi concerti, quali sono stati i feedback del pubblico?
Sono stati molto positivi, devo dire. Non mi aspettavo una risposta così calorosa già dalla prima data. Il fatto che siamo in sei sul palco, con l’aggiunta di Gianni alla tromba, ha portato un nuovo equilibrio. Ascoltando il disco, che non sentivo da almeno dieci anni, ho capito quanto fosse fondamentale la tromba per questa musica. Nel tour precedente avevamo sostituito quelle parti con delle linee vocali, ma in questo caso il suono della tromba era imprescindibile.
Dopo trent’anni, pensi che quel disco fosse avanti per l’epoca? Oppure è ancora avanti oggi?
Non dovrei dirlo io, ma penso che sia ancora avanti. Era un disco sperimentale, diverso da tutto quello che abbiamo fatto dopo. “Dentro Me” è una via di mezzo tra quel disco e “Dietro La Curva Del Cuore”, ma il primo rimane il più radicale.
Abbiamo usato campioni di Einstürzende Neubauten, Young Gods, Cop Shoot Cop, con un metodo simile all’hip-hop, ma invece di campioni black abbiamo esplorato territori più industrial. Il risultato è un incrocio tra elettronica e canzone d’autore che non avevamo mai più riprodotto con la stessa radicalità.
Come sta andando la resa live di questo repertorio?
Abbiamo cercato di rispettare la rigidità di quel disco, ma senza fare una riproposizione filologica.
Abbiamo ritrovato i campioni originali, le sequenze, ma con un’energia nuova. Il pubblico lo ha percepito e ci ha ripagati con un affetto incredibile. Un nostro storico fan, che ha visto oltre venti concerti dei La Crus, ci ha detto che questo è il migliore di tutti. Per noi è un segnale forte.
La scaletta seguirà fedelmente l’album o ci saranno variazioni?
Suoneremo il disco per intero, dal primo all’ultimo brano. Poi faremo un pezzo o due da ogni altro album, fino ai lavori più recenti. Non è un’operazione nostalgia, ma un modo per dare continuità al nostro percorso.
L’ultima volta che ci siamo sentiti, era appena uscito il disco. Cosa è cambiato da allora?
Abbiamo fatto molti live e l’entusiasmo è cresciuto. Però, in questo momento, sono concentrato sul mio disco solista, che è già finito da prima del disco dei La Crus.
Con i La Crus ci sono ancora tre o quattro pezzi interessanti, ma non c’è materiale per un nuovo disco. Bisognerebbe mettersi a lavorarci, ma per ora la priorità è il mio progetto.
Cosa hai percepito dal pubblico in questo ritorno sul palco?
Un affetto smisurato. Non mi aspettavo una risposta così forte, quasi sbalorditiva. Questo ci conferma che abbiamo camminato bene. Tanti fan storici sono tornati, ma c’è anche un pubblico nuovo, più giovane, che ci ha scoperto magari grazie alla mia partecipazione a Sanremo. Questo è significativo.
Fuori dal vostro mondo musicale, c’è qualcosa di nuovo che ti entusiasma?
Negli ultimi due anni ho ascoltato meno per vari motivi. Quando ero direttore artistico del festival “La Mia Generazione”, cercavo attivamente artisti emergenti. Mi avevano colpito Lucio Corsi, Emma Nolde, Whitemary. Madame è un’altra che trovo molto interessante. Mi aveva colpito anche Santoianni che ha vinto il Premio De André l’anno scorso. Dal vivo mi è piaciuto tantissimo, anche più che su disco.
Oggi seguo meno, ma cerco sempre di mantenere un occhio attento su chi porta qualcosa di originale.
Cosa ti ha colpito di più nell’ultimo Festival di Sanremo?
Ho seguito poco, ma la versione de “La Cura” fatta da Simone Cristicchi mi ha emozionato. Sarà che è uno dei brani più belli della musica italiana, ma credo abbiano fatto un’interpretazione intensa. Il resto, sinceramente, mi ha lasciato meno impressionato.
LA SCALETTA
In questi concerti, nella prima parte dello spettacolo presenteranno integralmente e in rigoroso ordine, la scaletta del loro primo album “LA CRUS” per rievocare le atmosfere folgoranti ed avanguardistiche di quell’iconico lavoro, con la formazione con cui hanno calcato i palchi del loro ultimo tour: Joe / Mauro Ermanno Giovanardi (voce e armonica), Cesare Malfatti (chitarre e campioni), Chiara Castello (tastiere e cori), Marco Carusino (basso e cori), Leziero Rescigno (batteria).
La seconda parte sarà riservata ad alcuni dei loro grandi classici, oltre ad alcuni brani tratti dall’ultimo disco “Proteggimi Da Ciò Che Voglio”, uscito lo scorso 22 marzo.
Natura morta
Il vino
Notti bianche
Nera signora
Angela
Soltanto un sogno
La giostra
Buco di pietra
Lontano
Dov’è finito Dio
Tarab
Vedrai
Ricomincio da qui
Encore:
Dentro me
Come ogni volta
L’uomo che non hai
Ricordare
(Ennio Morricone cover)
Come una nube
Mangia dormi lavora ripeti
Proteggimi da ciò che voglio
Mentimi
Io confesso
INFO & BIGLIETTI
27 MARZO 2025 – MILANO @ Magazzini Generali