Intervista: LA SCELTA – La libertà di essere sè stessi
“Ballad 2020” è il nuovo singolo de La Scelta che segna l’ennesima curva a gomito degna di un percorso libero, indipendente e senza dietrologia.
Ci sono canzoni che viaggiano, al di là del tempo, delle radio, della promozione discografica, delle major. Ci sono brani che restano nella memoria salvo poi fare capolino spesso. Ci sono brani che sono liberi e questa libertà è il caposaldo de La Scelta, band romana. Un percorso discografico e umano talvolta tortuoso eppure indipendente da qualsivoglia dietrologia proprie della musica contemporanea. Nel 2008 partecipano a Sanremo con Il Nostro tempo, brano che se fosse ripreso oggi sarebbe comunque anni luce avanti per scelte musicali e incastri sonori. La continua ricerca di parole, atmosfere segna in modo tangibile il loro percorso musicale. Ho parlato con Mattia, leader della band, in occasione dell’uscita del nuovo singolo Ballad 2020.
Qual è la lista delle intenzioni?
Una lista lunga che si aggiorna giorno dopo giorno e parte da almeno dieci anni fa, ce ne sono troppe. Te ne dico un paio. Il fatto di riuscire a non arrabbiarmi troppo spesso per le cose futili, riuscire ad avere più autocontrollo e poi avere più concretezza nelle cose cercare di portare a termine tanti progetti che uno ha in ballo. Tante volte rimangono lì.
Il video è fatto a rewind come mai?
L’idea del video me lo sono immaginato come una rinascita individuale che porta a una nascita 2.0 della band. Ripercorriamo a ritroso quello che siamo diventati, ripercorrendo luoghi della nostra adolescenza e del nostro passato che ci stanno a cuore. Situazioni come nel mio caso i cavalli mi riportano all’infanzia ai luoghi che trascorrevo da ragazzino o la bicicletta di Francesco. Ripercorriamo queste tappe che ci portano a rivestirci del nostro passato per poi iniziare una fase nuova che arriva con questa corsa sfrenata in questo campo e andiamo a implodere in un’unica entità.
Chi è La Scelta oggi?
La Scelta oggi più che 4 persone è un concetto un credo, una possibilità non slo per la band ma anche per il pubblico. La nostra musica esce dai canoni discografici e infatti abbiamo sempre le cose in piena
indipendenza. E’ un’opportunità di avere una facciata nuova della musica attuale, un nuovo guardarsi
attorno per accorgersi che ci siamo dopo quindi anni di musica che sono sinceri nel loro intento senza
alcuna dietrologia, potrebbe essere una novità. E’ un concetto per me ormai è una presa di posizione non riuscirei ad essere altro.
Ci sono dei rimpianti, delle strade che non avete percorso di questi 15 anni musica?
L’unico rimpianto di essere stati ingenui all’inizio, lì è la vita. Dieci anni fa non avevi la testa di adesso, non abbiamo spinto quando era il momento. L’unico rimpianto grande è che in alcune fasi della scelta c’è stata troppa attesa di quella persona che ti avrebbe aiutato a incanalare la tua musica ,a farla conoscere a livello promozionale. Attesa in alcune persone che si sono rivelate una nuvoletta sparita nel nulla. Se non avessimo aspettato e avessimo creduto in noi stessi, avremmo raggiunto qualche risultato diverso soprattutto nell’approccio con il grande pubblico. Siamo contenti di fare le cose in modo indipendente e totalmente libero.
Sempre in Ballad 2020 dici, la rivoluzione a schermi spenti ed è quasi in contrapposizione ai tempi nostri, anche al lockdown dove gli schermi sono state fin troppo accesi.
Io sono un fautore dello schermo spento. Ho un instagram ridicolo che mi ha fatto mia figlia di quattordici anni, sono atipico. Credo ancora nel 2020 che il rapporto interpersonale vada fatto faccia a faccia, va vissuto lo sguardo, va ascoltata la storia vera perché poi lo schermo ti mette davanti una maschera, qualcosa che non ci rappresenta nel profondo. Sono uno dei fautori che portano con grande entusiasmo questo messaggio. Capisco che attualmente è impossibile, però nel piccolo, la rivoluzione vera a schermi spenti credo ancora fermamente in questo. Sono un’idealista.
La tecnologia dovrebbe un modo di veicolare arte o messaggio, ma se la tecnologia diventa il nostro modo di vivere dovremmo porci domande
Vedo tanta gente che attraverso uno scherma si autocelebra, porta avanti un’idea mai concreta che finisce nel dimenticatoio dei server. Credo fortemente che la rivoluzione, per come la intendo io, è fare la differenza attarverso con i fatti. C’è troppa gente che chiacchera e poca che ascolta. Io sono un grande ascoltatore mi piace esserlo e continuerò ad esserlo. Il vero rivoluzionario è colui che fa le cose concretamente.
I vostri brani trasmettono sempre un messaggio e uno di questi è “adotta un nuovo pensiero che si adatti al presente“
Lo cerco tutti i giorni. Cerco di allargare il pensiero e allargare la veduta. I messaggi sono importanti, non voglio fare il moralista però attualmente inorridisco di fronte alcuni tipi di messaggi che vengono veicolati attraverso la musica. Per me la musica è sacra. L’abbiamo approfondito anche quando abbiamo suonato con Ron. Il rispetto per l’essenza della canzone per quello che stai dicendo. Non riuscirò mai a scrivere una canzone dove c’è un messaggio che non mi rappresenta o in cui non credo. Adotta un nuovo pensiero è comunque vedere, alzarli dallo schermo, guardarsi intorno il mondo è cambiato. Ci sono piccoli segnali ma va sempre peggio. Troppe persone sono ancora rinchiuse a guardare il proprio orto. Per me sono importanti le nuove culture, gli scambi di storie con le persone.
Il periodo di lockdown, per te, ha dato un nuovo senso di comunità?
Può sembrare. Io non ci ho mai creduto l’ho vista un po’ finta , una moda. Non sono disfattista però non penso ci sia verità in questo anche perché poi faccio un esempio pratico, noi musicisti. Scrivi un pezzo e lo vuoi proporre per una collaborazione, oppure vuoi un consiglio musicale e non da un tuo collega, e ognuno poi guarda il suo mentre magari il giorno prima andava con il pugno alzato andava a proclamarsi contro la discriminazione dell’artista. Credo che il lockdown non abbia fatto quello che si dice abbia fatto.
Il 2019 si chiudeva con un premio: miglior band connubio cinema e musica. Cosa vi aspettate da questo 2020?
Ballad 2020 l’ho scritta l’anno scorso, in cui il lockdown non esisteva. Nel 2002 mi aspettavo delle cose, sicuramente di far uscire brani e di fare dei live. Il fatto che questo non sia potuto accadere mi ha fatto ripensare all’attività. Quello che mi aspetto è un lavoro in studio che poi alla fine dell’anno possa dare i suoi frutti nel live. A livello personale non mi aspetto niente, vivo con più frenesia questa fase. Come una corsa, alla partenza noi artisti siamo rimasti ai blocchi e stiamo correndo tanto, spero di poter raggiungere o arrivare senza troppo a un nuovo inizio.
Il ritorno in studio però implica un tempo sospeso, dalla vita. Il tempo studio è un tempo a sé.
Ci sono momenti in cui sei in ricezione e altri in azione. Il lockdown è stato un momento di ricezione, per poi agire. Il tempo sospeso mi fa continuare a sognare a creare, a sentirmi vivo, mi permette di alienarmi dalla quotidianità.
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