Intervista – MARIANNE MIRAGE “Teatro” è un racconto tra coraggio, speranza e amore

Intervista – MARIANNE MIRAGE “Teatro” è un racconto tra coraggio, speranza e amore

Marianne Mirage apre le porte a un universo poetico e viscerale, dove la musica si intreccia alla verità più autentica con il suo nuovo disco “Teatro”.

Un disco vivo e immediato, che grazie alla sua voce sensuale e pervasiva, e agli arrangiamenti essenziali, diventa una finestra privilegiata sul mondo interiore. Marianne esplora le profondità dell’animo umano, alternando forza e vulnerabilità, e guidando gli ascoltatori verso una riconnessione con sé stessi e con le forze invisibili che ci circondano.

Attraverso simboli evocativi Marianne affronta temi universali e personali: il coraggio delle donne, la fede come ancoraggio, la guarigione dopo la perdita, e la riscoperta dell’empatia. Non mancano momenti di intimità dolce, come la dedica al padre, e riflessioni sulla sessualità come esperienza mistica. Ogni canzone diventa una ritualità, un’esperienza catartica capace di creare un legame intimo e duraturo tra l’artista e il suo pubblico.

L’abbiamo incontrata a colazione in una pasticceria-bar di Milano, un luogo prezioso, un suo posto del cuore! 

L’ INTERVISTA 

Marianne, il tuo nuovo disco si chiama Teatro. Come è nato questo progetto?

La genesi del disco è stata lunghissima, tre anni di scrittura. La prima canzone del disco, Chiudi gli occhi, è nata durante il COVID.
L’ho conservata nel mio cuore come un grande tesoro. È una canzone speciale perché non l’ho nemmeno composta, l’ho sognata.
Strofa e ritornello erano già nella mia testa. È una canzone onirico che porta con sé un messaggio importante: non avere paura del lupo, proprio come Cappuccetto Rosso. E’ la storia di una donna che non ha paura del lupo.
È una metafora di questi tempi, dove siamo sempre un po’ allarmati e abbandonarci a questo allarmismo potrebbe essere una chiave di lettura per vivere il momento con più serenità.

Perché hai scelto il nome Teatro per il disco?

Teatro è venuto fuori spontaneamente, senza esitazioni. È un omaggio alle mie origini artistiche: prima di essere una cantante, mi sono formata al Centro Sperimentale, dove ho studiato recitazione. Il teatro è stato la mia prima forma d’arte e una salvezza in un momento difficile della mia adolescenza.
A 16 anni mia madre mi iscrisse a un corso di teatro. Quei giorni mi hanno insegnato a dedicarmi del tempo e ad abbracciare il mio lato più intimo. Sublimavo la mia tristezza di quei tempi e per me è stato l’approccio con l’arte. 

In che modo il teatro si riflette nella tua musica?

Il teatro ti costringe a un impegno, a un’esperienza profonda e intima. Quando sei a teatro, le luci si spengono e rimani solo con te stesso e con le emozioni che emergono. Questo disco vuole fare lo stesso: portare chi ascolta in un viaggio emotivo e onirico. È un invito a prendersi il tempo per connettersi davvero con l’arte e con sé stessi.

Dedicatevi del tempo, lasciatevi emozionare e concedetevi il lusso di sognare. Questo disco è un invito a riconnettersi con la propria sfera più intima e onirica, perché l’arte può essere una cura per l’anima.

Venere e Due anime (il nuovo singolo) sono i brani che anticipano l’uscita del disco. Ci racconti qualcosa di più?

Venere è una canzone sull’amore universale, sull’unione tra le persone. 
“Senza cuore il mondo cade”. Non voglio vivere in mondo che ha perso la sua empatia verso l’umanità e la natura. Quando ho scritto questa frase ho pensato al presente.
Questa canzone augura un ritorno all’amore universale con l’arrivo di Venere, alla generosità, alla sensibilità e ala gentilezza, perché se perdiamo questi valori abbiamo perso la nostra unica ricchezza. È un invito a connettersi con le emozioni e con una compassione autentica.

Due anime, invece, affronta il tema del sesso come portale per una connessione cosmica.
Un’ode al sesso, nella sua forma più mistica e celebrativa.
Una libertà risvegliata che dovremmo sempre coltivare, nella scrittura di canzoni come nella vita.
È un brano diretto, ma mai volgare.
L’intento è proprio quello di fare riflettere di quanto il sesso sia importante per l’amore.
Parla dell’amore e della comunione tra due persone, celebrandoli con un linguaggio poetico.

Io vorrei tornare a quella libertà che si aveva negli anni 70, dove c’era una libertà del corpo per noi cantanti che non venivamo giudicate per qualsiasi cosa e allo stesso tempo una libertà di espressione, dove si cercano parole alternative, nuove parole ed espressioni. 

Musicalmente, cosa possiamo aspettarci da Teatro?

È un disco interamente suonato, senza computer, con un’anima retro ed elegante. Mi piace immaginare la cantante con il microfono e un’orchestra o una band dietro di lei. Il live sarà fedele al disco, ma con un’energia diversa, perché ogni performance dipende dal pubblico.

La musica può essere una terapia per chi l’ascolta?

Per me, la musica è sempre stata un rifugio. È quel luogo in cui puoi trovare risposte o, semplicemente, sentirti meno solo. L’idea della musica come terapia nasce dall’esperienza: tante volte, ascoltare o suonare qualcosa mi ha aiutata a trasformare le emozioni, a dare un senso al caos. Quando scrivo, cerco di creare uno spazio sicuro per chi ascolta, un luogo dove lasciarsi andare e farsi ‘curare’ dalla melodia e dalle parole.”

Hai parlato del bisogno di tempo. Come si concilia questa idea con il ritmo frenetico del mondo contemporaneo?

È difficile, non lo nego. Viviamo in un’epoca in cui tutto è veloce, dove una canzone dura il tempo di un video su TikTok. Ma io credo che chi cerca profondità si prenda il tempo per ascoltare. È una questione di scelta. La musica che cura non può essere ‘mordi e fuggi’; ha bisogno di uno spazio e di una disponibilità da parte di chi ascolta. Io cerco di creare brani che abbiano una vita lunga, che possano essere scoperti e riscoperti nel tempo.”

Quando uscirà il disco? 

La mia etichetta ha deciso di far uscire il disco venerdì 17 gennaio. Io sono una persona estremamente scaramantica, ma non solo: la scaramanzia per me è tutto.
Tutti i numeri, la numerologia, le lune piene, le lune nuove… per me tutto deve andare in sincro. Quindi mi sto preparando psicologicamente già adesso ad accettare questo venerdì 17. Sai, io ho paura anche di volare, quindi tutto quello che esce dalla routine per me diventa un evento a sé.”

Quali sono le parole chiave che descrivono questo progetto?

Direi coraggio, speranza, connessione, amore e trasformazione. Una delle canzoni, Tramontana, parla proprio di non perdere la speranza in tempi difficili. È un richiamo all’umanità, alla capacità di riconnettersi con le emozioni e con l’arte vera, senza perdersi dietro numeri o algoritmi.

Sembri molto legata al passato, ma senza nostalgia. Come concili questa visione con il presente?

Credo sia fondamentale amare le proprie radici. Spesso in Italia rinneghiamo la nostra storia, mentre dovremmo esserne fieri. Da Piero Piccioni a Paolo Conte, abbiamo un patrimonio artistico straordinario. Io cerco di portare questa consapevolezza nella mia musica, senza preoccuparmi dei numeri o delle mode del momento.

Come descriveresti Marianne Mirage in terza persona?

Direi che sono portatrice di libertà. Libertà di espressione, ma anche di immaginare se stessi in modi nuovi, senza paura del giudizio degli altri. Mi ispiro al grido della Francia, égalité, fraternité, liberté, valori che sento profondamente miei.

Cosa ti fa battere il cuore?

La cosa che mi emoziona davvero è vedere il tempo che passa nelle persone. Incontrare dei vecchietti per strada, soprattutto quando vedo una coppia di anziani che ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta a conservare l’amore, a crederci ancora, nonostante tutto.

Mi emoziona rivedere in loro tutta una vita: le fatiche, le soddisfazioni, le difficoltà, l’amore. È come se fossero il riassunto di tutto quello che la vita può offrire, condensato nei loro passi lenti e nei loro sguardi complici. È un’energia che si sente, una sorta di ultimo grido di vita che racconta più di qualsiasi parola.

Spesso pensiamo alla vecchiaia come a qualcosa di pesante, un impegno, una fase della vita da temere o da accantonare. Ma io credo che sia una grande risorsa, un testimone prezioso che ci ricorda il valore di tutto quello che è venuto prima. Coltivare la vecchiaia non vuol dire temerla, ma riconoscerla come una parte fondamentale della nostra storia.

ASCOLTA IL NUOVO SINGOLO 

I VIDEO 

WEB & SOCIAL 

 

 
 
 
 
 
Visualizza questo post su Instagram
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Un post condiviso da Marianne Mirage (@mariannemirage)

Instagram: https://www.instagram.com/mariannemirage/
Facebook: https://www.facebook.com/MarianneMirageOfficial/

Related Posts