Intervista – MEGANOIDI: con “ZETA RETICOLI (feat. CRISTIANO GODANO)” la nostra terza giovinezza
“ZETA RETICOLI (feat. Cristiano Godano)” è il titolo del nuovo arrangiamento del celebre singolo del 2004 dei Meganoidi pubblicato a 20 anni dal suo lancio.
Sono passati 20 anni dall’uscita di un brano iconico della musica italiana dei primi 2000. Cosa si prova oggi ripensando a quei tempi e ripercorrendo questo periodo lo abbiamo chiesto a Luca Guercio, storico trombettista e chitarrista della band genovese, nonché artefice del nuovo arrangiamento di Zeta Reticoli.
Penso che sia stata proprio una figata! Non guardo al passato con nostalgia, ma come all’inizio di un percorso che ci ha portato fino a qui, ad oggi. Mi fa estremamente piacere che il nuovo arrangiamento con cui abbiamo voluto celebrare Zeta Reticoli sia stato accolto così bene. È stato fatto di getto e in modo estremamente emotivo.
Del resto, se Outside the Loop Stupendo Sensation, un disco completamente diverso dal primo, con Zeta Reticoli ci ha dato una seconda giovinezza, la realizzazione di questa nuova versione del singolo ci ha dato addirittura una terza giovinezza. Forse il nostro modo di concepire l’artigianato discografico e l’autoproduzione non sarà sempre mainstream, ma a suo modo funziona”
Com’è nata la collaborazione con Cristiano Godano dei Marlene Kuntz e come si è sviluppato l’arrangiamento?
L’arrangiamento l’ho creato io in modo abbastanza impulsivo. Con Davide Di Muzio, il nostro cantante, con cui ormai formiamo una sorta di “coppia di fatto” artistica, discutevamo sul fatto che nel nostro circuito spesso si tende a collaborare con artisti “vicini”. Questo accade sia per facilitare un sì alla proposta, sia per una naturale tendenza ad essere piuttosto chiusi — e già noi genovesi non siamo famosi per la nostra apertura!
Sentivamo che restare ancorati al nostro circuito underground non fosse la strada giusta. Così abbiamo deciso di uscire dai nostri confini e contattare un artista che rispettiamo e amiamo particolarmente: Cristiano Godano. Pur essendoci incrociati diverse volte negli anni, non avevamo mai avuto l’opportunità di fermarci a parlare e dire: “Facciamo qualcosa insieme”. Abbiamo provato e Cristiano ha accolto la proposta con entusiasmo. Quando c’è affinità e rispetto reciproco dal punto di vista artistico, lavorare insieme diventa naturale, come se ci conoscessimo da sempre. Con Cristiano è stato amore al primo ascolto e la stima reciproca si è subito consolidata.
Qual è stato secondo te il maggiore e più importante contributo di Cristiano al singolo? In che modo ha fatto la differenza?
Cristiano non è solo un artista; lui è fatto di musica. È profondamente immerso nella musica, e a differenza di molti altri artisti, la considera qualcosa che va oltre il proprio ego. È letteralmente al servizio della musica, e credo che molti artisti dovrebbero imparare da lui in questo. Il suo contributo è espressivo, aperto: è arrivato con un atteggiamento di confronto e disponibilità, cosa non facile quando si è in tanti.
E infatti la collaborazione tra voi non si ferma qui. State infatti lavorando a una nuova versione di un brano estratto dall’album solista di Godano “Mi ero perso il cuore”…
Sì, abbiamo pensato di riarrangiare un pezzo questa volta scelto da lui, “Ti Voglio Dire”. Non è solo una delle canzoni tra le mie preferite di Godano, ma una di quelle che amo di più in assoluto. Immagina la mia sorpresa quando ce l’ha chiesto, ero felicissimo.
Con i Meganoidi state macinando un concerto dietro l’altro con il “Brucia Ancora Tour”, farete tappa in un sacco di località italiane e sarete in giro per tutta l’estate e oltre. Come sta andando?
Sta andando benissimo, siamo costantemente in giro e, rispetto ad altre realtà, il nostro calendario è sempre molto fitto. Siamo in tour da 26 anni e abbiamo superato i 1200 concerti… non so come mai la gente non si sia ancora stufata di noi! Se continuano a seguirci, possiamo solo esserne felici. Il tour ci sta dando grandi soddisfazioni perché, a mio parere, abbiamo una caratteristica che funziona molto bene oltre all’aspetto puramente artistico: a fine concerto scendiamo dal palco, chiacchieriamo con la gente, ascoltiamo ciò che ha da dirci, accogliendo sia complimenti che critiche. Chi ci segue e viene ai nostri live non è solo un fan, ma parte di una sorta di famiglia allargata. Ci teniamo a parlare con le persone perché è un aspetto che, purtroppo, si sta perdendo sempre di più.
Beh, forse è proprio per questo che le persone non si sono ancora stufate di voi e difficilmente lo faranno! 🙂
Per molti, come diciamo noi a Genova, può sembrare una “menata di belino”, ma per me è e sarà sempre un privilegio scendere dal palco e ricevere una lode così come sentirmi dire “Quel disco non mi è piaciuto”. Perché? Voglio capirlo. Voglio confrontarmi. Anche a me capita di ascoltare album di band che seguo, ma che mi piacciono meno di altri. Tendo sempre a ragionare così: a volte non si è pronti per ascoltare qualcosa e si tende a giudicare o esprimere opinioni affrettate. Io, invece, voglio dialogare, capire il perché, andare a fondo. Per questo cerco sempre l’occasione di farlo, e sono ben contento quando gli altri lo fanno con noi.
A questo proposito, hai notato dei cambiamenti, soprattutto generazionali, tra i fan dei Meganoidi? Avete uno zoccolo duro che vi segue fin dagli inizi o c’è anche un seguito più giovane?
Lo zoccolo duro permane, i nostri coetanei continuano a seguirci, ma noto anche la presenza di molti giovani, il che dimostra che, ancora una volta, il passaparola e l’ascolto condiviso con la generazione precedente funzionano forse più efficacemente di molti passaggi radiofonici. Un po’ come ai miei tempi, quando – ancora avevo i capelli! – si andava nei negozi di musica a scoprire le novità e le si ascoltava lì, sul momento. Forse si tende ad innamorarsi di più a qualcosa quando viene raccomandata da qualcuno che si stima e si rispetta.
E qui mi fai un bell’assist per la prossima domanda: cosa pensi di questi tempi in cui la fruizione della musica è diventata molto più “usa e getta” e il ricambio è così rapido?
La musica, ormai, è sempre più un prodotto da consumare rapidamente e poi gettare via. Ho una mia opinione a riguardo: non so quanto a lungo potrà durare questo meccanismo. Così facendo, infatti, non si buttano via solo i brani, ma anche gli artisti. Non li si considera più per il loro valore artistico, ma principalmente per come appaiono. Attenzione, apparire è importante e fa parte dello show; la musica è anche questo, non dimentichiamolo. Però, non so fino a quando questa modalità potrà funzionare. A livello economico potrebbe durare in eterno, ma gli artisti saranno disposti a sottostare a queste regole per sempre? Noi non ci siamo mai riusciti e non perché pensiamo che sia giusto o sbagliato, semplicemente non ne siamo mai stati capaci.
Tra gli album che avete registrato, ce n’è uno in particolare che consideri il vostro manifesto artistico?
Sì, quelli che considero un riassunto di ciò che sono i Meganoidi sono Delirio Experience del 2018 e Mescla del 2020. Non perché sono gli ultimi, ma perché in questi lavori non ci siamo in alcun modo vergognati di quello che eravamo, di quello che siamo e di quello che vogliamo essere. In passato, forse, ci è capitato di cadere nel tranello di confezionare pezzi perché “dovevano essere fatti così”, magari trasformando un brano pop in rock o viceversa. Con la maturità e la libertà di chi ha scelto di fare solo ciò che gli piace, abbiamo messo più a fuoco alcuni tipi di arrangiamenti. Non a caso abbiamo iniziato a fare live in unplugged, anche per adattarci al periodo post-Covid, quando non tutte le realtà potevano permettersi di organizzare concerti elettrici con gli spazi adeguati. E’ stato molto interessante tradurre il nostro repertorio in versione chitarra e voce.
C’è qualcosa che avreste voluto fare come band e che non avete ancora fatto (e che magari avete in programma)?
C’è, e ci stiamo lavorando: un live a porte chiuse! Stiamo studiando per realizzarlo in una location particolare, probabilmente in autunno. Non abbiamo ancora capito le modalità. Ci piacerebbe coinvolgere i nostri collaboratori di sempre, tra cui Beppe Platania di Lucerna Films e Andrea Morghen di Aurora Vision che ho conosciuto ad un live unplugged, loro sono produttori e registi molto bravi. Dobbiamo ancora mettere a punto un po’ di cose, vedremo!
Ti va di condividere con noi un momento memorabile di questi ultimi vent’anni?
C’è un aneddoto che mi fa ancora molto ridere, quando ci penso. Era il 2004, in quell’anno abbiamo fatto una serie di concerti di fila che, a sentirli così, non ci crederesti: Milano, Pordenone, Tokyo, Osaka, Nagoya… e poi Bra. Già questo basterebbe a definire il “memorabile”, ma c’è di più: entriamo in uno dei club giapponesi dove avremmo dovuto suonare e sento una voce dietro di me che dice “Ah, ma allora, siete voi! Che caxxo ci fate qua?!” Ed era una ragazza che studiava lì lingue orientali, e che ci aveva visto suonare proprio a Milano due settimane prima.
Ci dai qualche anticipazione su come sarà il prossimo disco?
Il prossimo disco avrà sicuramente la matrice tipica dei Meganoidi, sempre con quello che mi piace definire ironicamente “Cantautorato spinto”. La nuova versione di Zeta Reticoli ci ha ispirato a concepire un arrangiamento più orchestrato. Questa direzione ci sta intrigando molto e potremmo continuare a esplorarla.
Ultima domanda Luca: cosa suona oggi nella tua playlist?
A parte Meganoidi – così almeno pago il mutuo! – Porcupine Tree, Steven Wilson, Beck, Marlene Kuntz e Cristiano Godano, Harry Styles. Sono abbastanza onnivoro, magari poi passo agli Steely Dan e alla Motown, poi alla classica e alla letteratura trombettistica.
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