Intervista: TAVO – Da uno sbaglio nasce la Luna
“Theia” è una storia a lieto fine. E’ un invito a pensare positivo, perché da un grande errore può nascere qualcosa di bellissimo e potente, come la Luna. Tavo ci ha raccontato del suo nuovo EP. E molto altro.
Questa intervista inizia con una bella storia, quella di un insperato ritrovamento: “Oggi è stata una giornata assurda!”, esordisce Francesco Taverna, in arte Tavo. “Hanno ritrovato una chitarra che mi avevano rubato 8 anni fa!”
Questa cosa devi assolutamente raccontarcela. Otto anni fa?!
E’ una chitarra del 1996. L’altro giorno hanno provato a venderla ad un negozio di strumenti. Il venditore l’ha riconosciuta, sapeva che era la mia, anche perché non ne esistono molte e ha un valore di più di 2.500 euro.
Come hai passato questi giorni di lockdown?
Ho accusato parecchio il colpo perché avevo in programma un tour e sono riuscito solo a presentarlo, insieme ai Sick Tamburo: una data bellissima, il primo anno con una vera e propria produzione e un team di tecnici audio e luci che lavorano con artisti del calibro di Simone Cristicchi ed Ermal Meta. E poi non mi piace stare chiuso in casa: per quanto non faccia vita mondana, ho la necessità di uscire e fare quelle piccole cose normali che adesso mi mancano. La scrittura non è stata incentivata dal lockdown, ho capito che gli stimoli esterni, per quanto piccoli, servono tantissimo a comporre e stimolare la creatività.
Com’è stato l’impatto con la fase 2?
La prima uscita è stata bella, ma non ti nascondo che rimane una certa ansia. Non tanto di ammalarmi, quanto di essere fermato o guardato per ogni piccolo gesto. Starnutire per una semplice allergia, come nel mio caso, può attirare subito gli sguardi.
Il tuo EP si chiama “Theia”. Cosa significa?
Nasce tutto da una delle storie più belle che ci siano. Theia era un pianeta che deve il suo nome alla mitologia greca: così si chiamava la madre di Selene, la Luna. Più di 4 miliardi di anni fa, per un errore della sua orbita, si è schiantato contro la Terra. Non esisteva ancora la vita, altrimenti sarebbe stata spazzata via in un secondo. Da quell’impatto, i detriti della Terra sono finiti in orbita, e con gli anni, per la legge d’attrazione gravitazionale, si sono radunati diventando rocce, macigni e montagne, e poi la Luna.
Perché hai scelto questo nome?
Mi hanno ispirato due concetti legati a questa storia: come dice Roberto Mercadini, uno scrittore che mi piace molto, “la Luna è una Eva strappata dal fianco della Terra, una sua costola”. Da qui l’idea di “Tutt’altro che diversi”, un verso del brano “Il tempo di ballare”: mi piace pensare che qualcosa che ci sembra alieno in realtà non è così diverso da noi. L’altro concetto: dai più grandi errori nascono le più grandi possibilità, come la Luna appunto. Il disco parla degli sbagli che portano a qualcosa di buono: non descrive situazioni concrete e reali, ma racconta volti, paesaggi e persone attraverso immagini ed emozioni.
Ci sei tu però dentro questo EP, vero?
Tutta la mia vita. Ci sono voluti 27 anni per scrivere “Il tempo di ballare”, la canzone che ho dedicato a mia madre. In quei 3 minuti ho racchiuso tutto quello che avrei voluto e dovuto dirle. Sono cresciuto con i nonni per una scelta logistica, ho sempre visto mia mamma molto poco. Questo è il brano più personale dell’EP. “Theia” è un lavoro molto più intimo del mio primo album “Funambolo”.
“Annabelle” è l’altro singolo che ha anticipato l’uscita del tuo EP… ce lo racconti?
Stavo facendo dei lavori di ristrutturazione in casa, e nell’intercapedine del muro ho trovato una scatola di metallo con delle monete e una lettera del 1850. Un certo Igno scrive a Maddalena, la sua amata. In realtà leggendo si scopre che lei è sposata, e Igno è il suo amante. Nella mia canzone Maddalena è diventata Annabelle, e ho raccontato di questo ritrovamento, di un amore e di sentimenti che hanno viaggiato in modo immutato e immutabile nel tempo. Questa scoperta mi ha colpito molto, mi è venuta voglia di picconare tutte le pareti di casa per scovare qualcos’altro! Tra l’altro nell’Ottocento era normale sposarsi per interesse e non per vero amore. Si finiva per amare davvero l’amante e rimanere però sposati solo per una convenienza sociale. Oggi l’amante, invece, ha una connotazione molto più legata alla trasgressione.
In “Sott’odio” dici “Il mio cuore è un barattolo che vi conserva sott’odio”. A chi parli?
La canzone ha una vena ironica. Mi rivolgo a coloro che esprimono opinioni senza avere conoscenza dei fatti, e che alimentano la disinformazione sui social. Persone prive di qualsiasi vera capacità critica e autocritica verso ciò che vedono, e che intasano la rete e di conseguenza la società. Non mi piace chi non riesce a maturare una propria idea sui fatti, chi fa finta di prendere una posizione ma in realtà segue solo la massa. E’ mania di protagonismo, una scusa per fare della semplice polemica.
Sei stato a lavoro su “Theia” per ben 2 anni. Come sono stati?
Intensi. Il giorno dopo l’uscita di “Funambolo” eravamo già a lavoro sui nuovi brani. È stato un bel da farsi a livello psicologico perché non avevo mai parlato d’amore nei miei testi, anzi, ne ho sempre avuto il terrore. È un tema piuttosto inflazionato, ne hanno parlato in molti in modo sicuramente migliore di quanto potessi farlo io. La parte difficile era quindi riuscire dare un punto di lettura diverso dell’amore e dei sentimenti. Spero di esserci riuscito, nel mio piccolo.
Dicevi che uno dei temi di “Theia” è che da uno sbaglio potrebbero nascere cose meravigliose. Pensi che questo periodo anomalo che tutti stiamo vivendo potrà restituirci qualcosa di buono? Cambieremo in meglio?
Confesso di non riuscire a vedere ancora la luce in fondo al tunnel, però c’è un lato positivo. Prendi i social: fino a poco fa era normale passare il tempo a intrattenere relazioni via web. Adesso che siamo costretti a farlo perché non abbiamo alternative, ci siamo resi conto di quanto i social creino una distanza. Ci stiamo accorgendo che non ci bastiamo solo con un messaggio o una chiamata, abbiamo bisogno del contatto umano. È una presa di coscienza importante.
Secondo te ritorneranno i concerti così come li ricordiamo? O sei dell’idea che dovremmo imparare un nuovo modo di partecipare agli eventi?
Prevedo una ripresa lentissima. Tornando sempre ai social, per quanto io stesso li utilizzi li considero solo un mezzo e non un fine. Non si può fare musica soltanto secondo questa modalità. Io adoro suonare, avere un contatto con le persone, ma temo che i concerti saranno tra gli ultimi eventi a ripartire… e forse non saranno più come prima. Anni fa, dopo l’incidente al concerto di Sfera Ebbasta, noi che viviamo i palchi ci siamo accorti che qualcosa era cambiato. Alcuni locali, dove prima si arrivava tranquillamente a superare la capienza consentita, erano molto più vuoti. Adesso di nuovo dovremo riadattarci ad una nuova realtà, anche se l’esperienza del concerto è fatta per definizione di persone che stanno assieme, di puro assembramento.
Prima di salutarti ti chiedo: quali sono le 3 cose che porteresti con te sulla Luna?
La chitarra, una biro e un quaderno! Casa mia, in fondo, in questi giorni è stata un po’ come la luna. Senza questi 3 oggetti non sarei riuscito a passare le giornate. Per quanto la creatività sia minata, ho un bisogno fisiologico di scriver e suonare.