Live Report: Cesare Cremonini
Bologna, 27 novembre 2018
Se oggi penso al successo nel panorama cantautoriale italiano, e parlo di successo quello sudato, cercato e genuino, a me viene in mente Cesare Cremonini.
Da oramai vent’anni sulla scena, il modo di cantare di Cremonini, di mettere le parole uno dietro l’altra (nelle canzoni e non solo), di ammaliare gli spettatori, può fare scuola. Come d’altronde anche il modo di tenere un palco come quello dell’Unipol Arena di Bologna, il più grande d’Italia, quello della sua città.
E se per uno come me che a Bologna ci vive da anni è stato difficile trattenere l’emozione, non immagino cosa può aver lasciato lo show di ieri (il primo di tre) a un bolognese doc.
(foto: profilo Instagram dell’artista)
Non farò un live report di quelli che vi svelano le scalette, né tanto meno un lungo articolo in cui elenco le capacità di Cremonini. Mi limiterò a dire:
- i numerosi tributi alla sua (nostra) città del cuore hanno smosso qualcosa nelle persone presenti ieri in Arena che forse chi non vive in una città come Bologna non riesce a capire fino in fondo;
- la dedica di “Vorrei” alla figlia di Ballo, nata proprio ieri in concomitanza con la prima delle tre date a Bologna, ha fatto percepire la consapevolezza che sti cazzi le coincidenze non esitono;
- il monologo sul fatto che probabilmente non si sposerà più, che oramai ha 38 anni e tutti sono sposati tranne lui prima del suo pezzo “Al tuo matrimonio” ci ha fatto ridere un sacco;
- le ultime parole prima di salutare il suo pubblico “Tutte le canzoni che avete sentito questa sera e nei miei dischi, beh, sono state scritte tutte in questa città”… ci (o almeno mi) hanno fatto emozionare un sacco;
- la prima cosa che ho fatto ieri tornando a casa? Cercare il mio primo disco originale acquistato in quei bellissimi musei che erano i negozi di dischi dei primi anni duemila: “…Squerez?” dei Lunapop.
E, poi sì, diamo a Cesare quel che è di Cesare che senza di lui saremmo tutti un po’ più tristi.