Recensione concerto: La straziante intimità de LA MUNICIPAL

Recensione concerto: La straziante intimità de LA MUNICIPAL

Nella forma più smagliante possibile, La Municipàl ha fatto ritorno sul palco.

Ieri, 27 settembre, l’Arci Bellezza di Milano ha assistito a un live vero, di quelli di pancia che devi andare a scovare. Sono quelle le serate che, nell’uragano che avvolge la tua quotidianità, mettono un po’ d’ordine.

Ciò che ha colpito di più è forse l’intimità dello spazio: un concerto suonato quasi sempre al buio che ha raccolto una platea di fan veri che hanno cantato ogni virgola di una discografia che fa invidia a molti artisti del panorama indie pop italiano.

A dispetto di un’acustica non funzionale nei pezzi più suonati ma perfetta in quelli più acustici, l’effetto è stato quello di un coinvolgimento massimo. È come se dopo cinque dischi, un duo diventato una band o forse no ma sticazzi, l’asticella si sia alzata ancora e ancora. “Dopo tutto questo tempo” è un album che è un abbraccio, una confessione. E quanto è bello quando l’abbraccio passa dalle orecchie nelle tue cuffie alla persona con cui sei lì in quel momento e da quella persona al resto delle persone che quella sera a quell’ora ha voluto ritrovarsi lì per dare vivere l’esperienza del concerto.

Un concerto che ha visto scorrere tutto (o quasi) il repertorio de La Municipàl che in tour si compone della voce di Carmine Tundo, delle chitarre di Roberto Mangialardo, della batteria di Alberto Manco, del basso di Chiara Turco, e, della voce e delle tastiere di Gaia Rollo.

La complicità tra loro è visibile come lo è stata con tutti gli artisti che si sono avvicendati negli anni nel progetto. “Le nostre guerre perdute” (2016) resta forse pura avanguardia nella stretta cerchia di quello che in quegli anni era l’indie pop italiano.

E oggi quel pop sta trasformandosi molto di più in un pop intimo che nel momento del live diventa a tratti rock, a tratti punk.

Ciò che resta è quell’uragano di cui parlavo prima, quella semplicità e allo stesso tempo complessità delle emozioni che ti attraversano che non puoi che decomprimere cantandole in un Circolo Arci di Milano in una sera di fine settembre, “che poi arriva l’inverno e restiamo da soli”.

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