Live report: NATION OF LANGUAGE – Back to New Wave [Info, Gallery e scaletta]
I Nation of Language ieri in concerto per la prima delle tre date italiane del tour, in scena al circolo Arci Bellezza di Milano
A volte ritornano. I suoni di una volta. Quelli che ci affrettiamo a cercare avidamente scorrendo i vinili di una bancarella, o tirando fuori quel vecchio CD per un sano momento di pace musicale nella selva oscura del marasma sonoro che ci circonda, per poi renderci conto che non abbiamo più un lettore CD da anni.
Oppure quando, dopo aver comprato il biglietto con un anno di anticipo spendendo soldi e pazienza per lottare con siti di ticketing in tilt, ci siamo finalmente conquistati il posto sotto il palco al live della nostra band preferita. A volte però può succedere l’impensabile: che quei suoni ritornino niente meno che grazie a tre ragazzi giovanissimi di Brooklyn che hanno deciso di fare di synth pop, new wave e post punk la loro firma musicale: i Nation of Language.
Ad anticipare il live, in scena all’Arci Bellezza di Milano, niente meno che Ibisco, una delle nuove leve più interessanti dell’indie italiano, nato 5 anni dopo lo scioglimento dei CCCP – a cui si ispira senza alcuna intenzione di nasconderlo – e figlio di quell’Emilia Paranoica di cui proprio Giovanni Lindo Ferretti fu cantore. La sala è ancora semivuota in attesa dei Nation Of Language, ma Ibisco tiene alto il livello – sostenuto da 4 o 5 persone invasate di lui sotto il palco – alternandosi tra sintetizzatore e tastiera, tra momenti più ipnotici e frangenti più cantautoriali e introspettivi. Una degna apertura per i tre newyorkesi che calcano il palco alle 22.20, mentre la sala è ormai quasi piena e la voglia di ballare è nell’aria.
Lo fanno anche loro sul palco: Richard Avaney è un vortice di elettricità che non trova pace, balla per tutti i 75 minuti dell’esibizione e non si ferma nemmeno per bere, occupa tutto lo spazio con la sua ingombrante estrosità, e dico ingombrante perchè in vari momenti si intromette alla postazione di Aidan Noell, quota rosa della band, per smanettare con il synth al suo posto e toglierle lo spazio che merita.
Eppure, Aidan primeggia a suo modo e non è mai co-protagonista, del resto è l’unica che ha voglia di chiacchierare col pubblico fra un pezzo e l’altro. Il nuovo bassista non fa sentire la mancanza di Michael Sue-Poi, offrendo una presenza scenica e una base ritmica perfettamene allineate con il resto della band. E così si susseguono brani dei due album dei Nation of Language, anche se è un attimo chiudere gli occhi e intercettare Depeche Mode, Simple Minds, Yazoo, Tears for Fears, Kaja Goo Goo e molto altro del repertorio a cui si ispirano. Bravi, energici, coraggiosi, forse un po’ ripetitivi per chi conosce già il loro background musicale, ma comunque un live interessante e divertente.
SCORE: 7,50
LA SCALETTA
Bis:
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