Lo strano caso dei The 1975 e dei gusti degli italiani
Settimana scorsa è uscito uno dei migliori dischi, a mia detta e non solo, di questo travagliato 2020. L’album in questione è “Notes on a Conditional Form” dei The 1975.
Un disco che ha come caratteristica principale quella di essere “vario”. Può essere un’espressione banale quello di attribuire ad un disco la caratteristica della varietà di genere. Ma credetemi in questo caso l’essere vario è espressione di una grandissima visione creativa che ha portato il quartetto di Manchester a elaborare un vero e proprio abbecedario delle diverse sfumature che può assumere il pop moderno.
Reputo “Notes on a Conditional Form” il perfetto disco pop (già il titolo è geniale “note sulla forma condizionale”) paragonabile a capisaldi del passato come poteva essere stato “Steve McQueen” dei Prefab Sprout o qualsiasi disco di Lucio Battisti se ci spostiamo nella nostra patria.
Un perfetto equilibrio tra spessore lirico e ricerca melodica. Semplicità e leggerezza stilistica che evidenzia una grande capacità camaleontica di adeguarsi alle svariate possibilità sonore date dalla parola pop.
Comunque la mia esternazione non è finalizzata tanto a decantare il disco. Leggete la recensione che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi (clicca qui per leggerla) per districarvi meglio tra le 22 tracce che compongono questo piccolo capolavoro pop.
La mia è piuttosto una riflessione sulla cultura musicale italiana e sul confronto con quella degli amici ex-europei, gli Inglesi.
Partiamo con un dato di fatto: le classifiche.
Il disco dei The 1975 nel Regno Unito questa settimana debutta alla numero 1 della classifica album.
Davanti a mega produzioni internazionali come Dua Lipa o Lewis Capaldi.
Niente di strano. I The 1975 sono cool e poi sono inglesi, è normale.
Nel mondo il disco va benino. Al numero uno sono in Australia, va bene ci sta, al numero 36 debuttano in Germania e Olanda.
In Usa le classifiche arrivano con qualche giorno di ritardo rispetto all’Europa ma penso che si posizioneranno abbastanza bene!
Arriviamo in Italia. Questa settimana la vetta della classifica album è appannaggio di Drefgold con il suo nuovo disco “Elo”.
Un disco direi sufficiente.
Vi giuro l’ho ascoltato un paio di volte. Credetemi!
Un 6, forse un 6+ stiracchiato ma non di più.
Un disco trap niente di che. Solita roba, soliti testi, soliti beat, soliti disagi giovanili, solita droga, solito slang, solite bitch.
Un disco che non si può etichettare come disco “vario”. Anzi!
Può piacere alle nuove generazioni. Non lo metto in dubbio, ma di dischi trap ne sono usciti di molto meglio.
Non mi interessa comunque nemmeno questo dato. Non voglio fare la recensione di Drefgold.
La cosa che mi interessa è vedere alla numero cento della classifica italiana album chi si posiziona.
Debutta Matthew “Matty” Healye e soci. Ebbene si i The 1975.
Debutto alla numero cento!
Fate voi le vostre debiti considerazioni.
Uno strano caso quello del condizionale dei The 1975 e dei gusti degli italiani!