MÅNESKIN: la recensione del loro live al Bowery Ballroom di New York City
I Måneskin sono al centro di una perfetta tempesta comunicativa e promozionale. Sulla ali di questa burrasca i quattro sbarcano sulle coste americane e raccolgono subito grandi frutti.
A testimoniare e certificare i grandi riscontri americani (aspettiamo a parlare di trionfo) arrivano dalla rete alcuni video del loro concerto del 27 ottobre 2021 al Bowery Ballroom, New York City dalla cui visione è possibile trarre alcune conclusioni (che non sono una vera recensione).
Il Bowery Ballroom è un club molto apprezzato da band di gran livello internazionale, ma è piccolo, intorno a 600 posti (tra platea e balconata).
Tuttavia trattandosi in questo caso di una band emergente e italiana l’ottimo sold out ottenuto non è di poco conto.
Come non lo è il sold out a Los Angeles (del 1° novembre)
Da quello che si percepisce da queste immagini il pubblico pare aver parecchio apprezzato l’esibizione, mentre i musicisti non si sono certo risparmiati sul palco, ma da sempre le loro performance live sono energiche e coinvolgenti (ed erano anche perfettibili), perfettamente adatte all’atmosfera da club. Di sicuro però dimostrano di essere cresciuti, di aver maggiormente focalizzato il loro stile e la concretezza del palco. Dalle immagini non è possibile vedere il pubblico, capirne la composizione anagrafica e nazionale (si intuisce solo che parlano in inglese e che le presenze non sono solo femminili). In effetti tutto il progetto pare aver cambiato focus, c’è un’evidente crescita e una maggior direzione verso il (pop) rock (con un differente bilanciamento tra i due “gusti”). Tutto questo ha portato (almeno oltreoceano) un nuovo tipo di pubblico.
Le immagini newyorkesi (guarda degli spezzoni del live) dimostrano una solidità granitica del suono, assoli di chitarra, stage diving e tutta quella liturgia che accompagna il rock. La proposta sonora del live è ancor più aggressiva di quanto si è sentito anche sull’ultimo disco, la direzione musicale pare essersi incanalata verso un genere che probabilmente all’estero (a cui i Maneskin stanno evidentemente puntando) raccoglie più consensi di quanto faccia in Italia.
Qui da noi sulla band c’è un gran discutere: chi li adora, chi ne esalta il fattore “nazionalistico”, chi li detesta, chi li invidia. Come al solito ogni soluzione ha mille sfaccettature che vanno considerate.
Innanziutto i Maneskin suonano, non saranno dei virtuosi, ma sanno tenere gli strumenti in mano, non ci sono batteristi elettronici, non ci sono tastiere con basi. Scrivono loro canzoni. Siamo in presenza di un vero gruppo musicale (anche con le sue dinamiche che si intuiscono sul palco). E questa è già un’anomalia.
Giustamente Manuel Agnelli, il loro padre putativo, ha detto: “Sono degli artisti mainstream come gli Aerosmith (citandoli ad esempio), non sono certo i Sonic Youth (band di culto)”.
Sono giovani, sono sfrontati, sono cool, sono freschi, sono alla conquista del mondo e lo stanno facendo con quello che hanno sempre fatto: suonare il loro rock. In quattro anni passare da buskers a Bowery Ballroom qualcosa vorrà pur dire; non lo fai se non hai una base su cui lavorare.
I Maneskin sono “lavorati”? E qual è l’artista che non è “lavorato”? Non si costruisce una carriera luminosa se non hai dietro qualcuno che investe e promuove. I Sex Pistols non devono molto a Malcom McLaren? E George Martin? Il Colonnello Parker? La storia della giovane band italiana è un paradigma. In Italia il loro primo management ha ottimamente lavorato e li ha portati al top italiano. Quando per Damiano e soci si sono accesi i riflettori internazionali con l’eurovision qualcuno ha visto in loro le potenzialità per il mercato estero, e così è: c’ha visto lungo.
Non si possono fare paragoni con quello che è stato e non si può nemmeno dire che il passato era meglio del presente. Non si possono paragonare i Maneskin con i Led Zeppelin, è improponibile ed assurdo. Diverse sono le condizioni storiche, culturali, diverso è il mercato, il concetto di musica. Certo i loro “modelli” affondano in quella iconografia e ritualità che si è già vista nei decenni passati, ma che consideriamo sono una novità per molti. Per questo motivo sinora il loro pubblico italiano è stato “adult” o “young”. Quello che sta succedendo adesso ha tutte le carte per portali ad un altro, nuovo pubblico.
I Maneskin sono ora ad un bivio: escono dal “tubo catodico”, da quello spazio televisivo che li ha visti nascere, coccolati e crescere, ed entrano nella “vita reale”, fatta di palchi e di pressioni e grandi aspettative che a volte possono anche mettere ansia e rovinare.
Sì, per certi versi sì. Qui da noi possono essere una ventata di freschezza. Hanno energia, credono in ciò che fanno, sono alla fine onesti con se stessi e con gli atri, anche se sono entrati in una nuova dimensione. Stupiscono perché sono rock? Certo, perché il rock sembra essere seppellito e loro fanno scoprire ad una fascia anagrafica un suono che ancora piace (o che ti fanno piacere).
Da qui poi a dire che c’è da parte dei giovani un ritorno a suonare il rock ce ne passa. Per ora lo sostengono solo quelli di Xfactor (che cercano di intestarsi in qualche modo il successo della band). Ancora non si sentono nuove uscite discografiche (fuori da Xfactor, che cerca il bis) rock. Ancora dominano altri suoni, altri stili. C’è un incremento nella vendita degli strumenti tradizionali del rock che può far ben sperare, ma ancora poco sembra andare in quella direzione.
Ora i Maneskin sono attesi nei prossimi giorni ad altre prove in America, inclusa l’apertura ai Rolling Stones. Torneranno poi in Italia per il loro tour. Certo arrivarci con un biglietto da visita stampato oltreoceano (per una band che ha costruito il successo su una grande spinta mediatica) è assolutamente vincente. Nel frattempo si saranno chiarite le idee e aumentata l’esperienza e le speranze.
Sul palco però i Maneskin già ci sapevano stare, ora, di sicuro, sarà meglio.
Tutto da vedere e considerando i sold out raccolti nei palasport italiani, ci saranno parecchie persone a giudicarli e ad applaudirli.
Leggi l’articolo completo di Luca Trambusti su musicadalpalco.com/
MANESKIN: il loro futuro è passato per l’America (Recensione)
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