MARIE DAVIDSON il suo nuovo progetto Œil Nu arriva l’album “Renegade Breakdown”
Una nuova band con sound audace per Marie Davidson, in uscita con ‘Renegade Breakdown’, il nuovo album disponibile dal 25 settembre.
L’Œil Nu è un trio formato da tre vecchi amici e collaboratori di lunga data con radici condivise nella scena D-I-Y di Montreal: Marie Davidson, Pierre Guerineau e Asaël R. Robitaille (i primi due sono marito e moglie e insieme formano il duo Essaie pas, già nel roster DFA). Attratti dall’idea di tornare a fare qualcosa insieme, hanno prodotto un disco di pop rivolto al futuro, con umorismi dark e ispirazioni musicali molto diverse. Dai Fleetwood Mac ai Kraftwerk fino a classici del jazz come Billie Holiday e Chet Baker, il côté non potrebbe essere più fantasioso.
Il titolo dell’album, così come l’artwork, strizza l’occhio alle recenti esperienze di Davidson, frontwoman, autrice di testi e impegnata a suonare i synth, e al viaggio che l’ha portata fino a qui. ‘Renegade Breakdown’ è una reazione agli anni trascorsi in viaggio tra club e festival: gli aeroporti, le notti, l’attrezzatura smarrita o danneggiata, spesso da sola, sempre con la custodia di strumenti e cavi al seguito. Documentata in parte nella serie ‘Between The Beats’ di Resident Advisor, la realtà presentata dalla Davidson in tour mostra le conseguenze sulla sua salute. Sentimenti di disorientamento, insonnia cronica, esasperati da una transizione senza fine da un fuso orario all’altro: ‘Arrivo ad avere questi stati d’animo in cui comincio a mettere in discussione tutto, e mi odio’, ha detto a RA in quel momento, ‘a volte mi sento come se non appartenessi a nessun posto’.
Questo nuovo lavoro arriva a distanza di due anni dal ‘Working Class Woman’, lodato da Pitchfork come ‘un album audace in cui la teoria femminista e la musica House sono inseparabili’ e dal Guardian, New York Times e Crack Magazine, oltre ad avere raggiunto alte posizioni nelle chart di fine anno (e decennio) da Mixmag, The Quietus, Bleep, Bandcamp e molti altri. Tra le tracce spiccava ‘Work It’, un brano che ha ottenuto lo status di ‘dancefloor anthem’ nei club di tutto il mondo, aiutato da un remix dei Soulwax, la rielaborazione dell’iconico duo ha ottenuto oltre 10 milioni di stream e una nomination ai GRAMMY. Sono arrivati numerosi tour in Europa e Nord America e poi il punto di svolta per l’artista canadese, logorata dai cicli spesso distruttivi di quello stile di vita. Mentre osservava la fine del tour, ha chiamato Robitaille e Guerineau per un’idea che avevano avuto l’anno precedente: fare musica ispirata al pop, guardando alla star francese Mylène Farmer ed espandere il loro approccio alla musica con un approccio cantautorale.
Se c’è uno stato d’animo che racchiude il singolo e title track è quello che si trova alle 3 del mattino dopo una lunga notte: ‘Volevamo fare canzoni, come la musica che ci piace da più di un decennio’, dice Marie. È un ritorno alle loro radici esemplificato dalla title track, una traccia pop a tutto campo in una vena unica, che fonde la produzione influenzata dagli anni ’80, l’acerba critica parlata di Davidson e i ritornelli vivaci (in un misto di francese e inglese, i testi sono tipicamente freddamente e oscuramente divertenti: ‘Oh by the way, there are no money makers on this record / This time, I’m exploring the loser’s point of view’).
‘Center of the World (Kotti Blues)’ è un altro ottimo esempio della vena cantautorale che scorre in tutto il disco: è iniziato come un’ode alla Kottbusser Tor di Berlino, un luogo sentimentale del trio sul tempo condiviso in città. Guidati da Robitaille, il suono e l’arrangiamento fanno cenno a Pat Metheny e agli arrangiamenti di archi acustici tipici dei Genesis.
Altre parti che hanno una relazione più stretta con le rispettive radici nella musica elettronica: ‘Lead Sister’ ha avuto inizio con una versione MIDI di un brano del compositore barocco Marcello, il risultato finale è cupo e dissonante. Lo stato d’animo riflette l’argomento dei testi di Davidson, che qui ruotano attorno a Karen Carpenter, (Carpenters), morta per complicazioni da anoressia causata da intensi abusi psicologici dietro la sorridente facciata tutta americana del duo. ‘È un argomento che sento molto vicino’, dice Davidson, che si è immersa nella storia della band dopo aver sentito parlare del loro passato.
‘C’est parce que j’m’en fous’ è guidata da un beat electro e ha i tratti distintivi di un classico brano di Marie Davidson, i testi criticano nettamente i preconcetti su femminismo e femminilità. E in ‘Worst Comes To Worst’ abbracciano il loro amore per la disco, con chitarre metal sminuzzate e riproposte per il pre-ritornello insieme a un cenno ai Daft Punk e al French Touch.
Eterna sovversiva che ha vissuto un incidente stradale e ha deciso di prendere una nuova direzione, Marie Davidson voleva fare musica con le persone che conosceva meglio. E tutti loro erano attratti dall’idea di fare le cose in modo diverso. La loro prima vera uscita come gruppo, dopo anni di amicizia e interessi musicali condivisi, è un nuovo palcoscenico che si spinge lontano nei limiti dei loro diversi interessi musicali. Nel ritornello di ‘Sentiment’, Davidson canta: ‘So di avere una sensazione’. Questo album riguarda la necessità di seguire il tuo istinto, tornare alle tue radici e costruire su di esse per fare qualcosa di nuovo e diverso.