Quale è lo spazio delle Produttrici nella scena discografica italiana? La nostra inchiesta
Producer, dj e produttrici. Un movimento sempre più in crescita: sono brave, talentuose, hanno una visione sonora moderna e realizzano produzioni stilose di grande qualità. Ma il mercato come le recepisce? Quale è il loro spazio nell’industria discografica italiana?
Per cercare di fare il punto della situazione su questa scena emergente abbiamo cercato di indagare e tastare il terreno di questo mondo fatto di grande passione, di tanto lavoro ma spesso di poche soddisfazioni.
A tale proposito abbiamo posto quattro domande uguali ad alcune delle protagoniste di questa scena sonora.
Una mini inchiesta per fare venire a galla le grandi potenzialità di queste artiste troppo spesso non giustamente considerate rispetto ai loro colleghi maschi. Ecco cosa ci hanno raccontato…
LE DOMANDE
Secondo te come mai le produttrici italiane sono meno presenti nell’industria musicale del nostro Paese. quali potrebbero essere le soluzioni per una piccola rivoluzione di questo sistema?
бoбa: Da sempre siamo stati abituati a vedere cantanti donne muoversi sul palcoscenico dell’intrattenimento, e allo stesso modo dietro i loro brani siamo stati abituati a vedere producer uomini. L’Italia ha bisogno di tempo, ogni giorno nascono sempre più producer donne. La rivoluzione è già in atto, dobbiamo solo dargli il tempo di attuarsi sotto un punto di vista molto più profondo, quello dell’emancipazione femminile.
Ginevra Nervi: Forse dovremmo iniziare a riconsiderare quello che intendiamo quando parliamo di “industria musicale” nel nostro paese. Se considerassimo ad esempio solo il mercato più mainstream o quello che ruota attorno a realtà come i talent show, non avremmo sicuramente un quadro generale molto veritiero. Il panorama musicale è enorme. Nella scena elettronica ad esempio non è vero che scarseggiano le donne produttrici, sono molte e sono conosciute, dalla scena clubbing all’elettronica più sperimentale. Per rispondere alla tua domanda completamente, credo che oggi ci sia ancora troppa pigrizia nel volersi informare davvero. L’ascoltatore di oggi sembra essere un consumatore bulimico che passa da una playlist Spotify all’altra ingurgitando passivamente quello che gli propone il mercato del consumo, senza andare mai oltre. Se poi questa “pigrizia” arriva anche da parte dell’opinione pubblica, della stampa musicale e non, o dagli addetti ai lavori dell’industria musicale stessa, continueremo a parlare ancora per molto della leggenda che “le donne sono sempre poche”.
ehua: Ho lavorato pochissimo in Italia ad oggi, ma osservando da lontano, credo che la situazione abbia più a che fare con una tendenza tutta italiana di mantenere chiusi certi circoli, nonostante i processi di apertura e democratizzazione che Internet ha messo in moto. Con malinconia dico, o meglio cito, che è vero che tutto deve cambiare perché tutto resti uguale nel nostro paese. La tecnologia ci rende più attraenti, evoluti, ma i meccanismi che fanno girare gli ingranaggi rimangono gli stessi, quindi la scena artistica rimane chiusa e di conseguenza prettamente maschile.
Le soluzioni potrebbero essere tante, in primis, avere team di direzione artistica e A&Ring più diversificati, non solo dal punto di vista del genere; promuovere nuovi sistemi nei circoli artistici che si impegnino a rimuovere gli impedimenti e gli strascichi patriarcali con cui ci troviamo ancora a combattere; far sì che una figura come quella della producer donna, venga riconosciuta e apprezzata come tale, nonostante non rispecchi lo stereotipo di donna cisgender italiana.
Inoltre serve fermezza, ma anche flessibilità. In UK, il dibattito sulla presenza e i ruoli delle donne nella scena musicale, è molto presente e sentito, e la cancel culture è un arma letale per stazioni radio, label, artisti, magazine ecc. — ovviamente con i suoi pro e i suoi contro. Negli ultimi anni le donne in Inghilterra hanno smantellato istituzioni e maleato una nuova scena artistica, bussando alla porta dell’industria britannica e mettendola davanti ai suoi errori. E le più grandi etichette di sempre non hanno fatto finta di niente, hanno aperto la porta, le hanno lasciate entrare. Ed è stato bellissimo per me vedere un sacco di artiste esplodere negli ultimi anni, diventando famose letteralmente dalla sera alla mattina. Vedi il caso Sherelle: donne, artiste, sotto i 25 anni, che nel momento in cui si manifestano alla loro scena — facendo un ottimo lavoro — ricevono l’attenzione, ma soprattutto, il rispetto che si meritano. Sembra un sogno.Whitemary: Siamo poche nella musica come in tanti altri ambiti, oppure siamo tante ma se ne parla poco. Credo sia lo strascico di una mentalità vecchia che ha bisogno di tempo per cambiare. Non so se nei primi anni del ‘900 alle donne era permesso studiare musica, prendere uno strumento a fiato ed unirsi alle prime marching band che poi fecero la storia del jazz; o studiare pianoforte per diventare una concertista classica (cosa che venne negata a Nina Simone).Forse è questo il divario, gli uomini hanno semplicemente cominciato prima. Nelle università di fisica, nei lavori aziendali, nello studio della musica. Non sono mai mancate donne nel canto, e non è un caso che la maggior parte delle donne musiciste solitamente sono cantanti (io sono laureata in canto jazz). Perché era l’unica cosa istintiva, che non richiedeva uno strumento o uno studio per iniziare. Alla fine il divario che abbiamo ancora oggi è che si fa fatica ad immaginare donne che ricoprono ruoli musicali (e non solo) associati solitamente a figure maschili.
Al di là delle motivazioni, sono fiduciosa che le cose stiano per cambiare velocemente. Si parla del problema sempre di più, importanti istituzioni sottolineano il fatto di includere il mondo femminile nella musica. Per alcuni può sembrare favoritismo, ma è un effetto collaterale di un problema più grande. Per ora si deve avere un occhio di riguardo per recuperare errori passati. Siamo in tante e con il tempo ognuna di noi avrà la possibilità di avere il proprio spazio, il proprio pubblico, il proprio ruolo, senza dover sottolineare il fatto di essere donna. Personalmente spero sempre che qualcuno ascolti la mia musica perché trova affinità con quello che faccio, perché viene catturato dal modo in cui scrivo, non perché sono una quota rosa.IDRA: Credo che alla base di questo Gender Gap in Italia ci siano due fattori principali, il primo sicuramente storico e culturale e il secondo più legato ad una conoscenza di quella che è stata ed è la musica elettronica e il ruolo del producer.
La figura della donna per secoli non ha avuto modo di avvicinarsi a determinati campi e settori, soprattutto quelli di base tecnica e tecnologica e quando succedeva venivano comunque messe in ombra dal genere maschile. Di recente è uscito un documentario dal titolo Sisters With Transistors (che a mio avviso va visto tralasciando qualsiasi questione di genere) documentario che racconta le storie di Donne visionarie e pioniere nel campo della musica elettronica e delle prime sperimentazioni tecnologiche, donne che per decenni sono state dimenticate come se non fossero mai esistite.
Dobbiamo riconoscere che per anni noi donne producer, così come tante in altri settori siamo state messe da parte e ad oggi la nostra piccola grande rivoluzione nel nostro paese può sicuramente essere quella dell’andare a scoprire ciò che per decenni è stato messo in ombra o dimenticato e cercare di vivere la figura del producer indipendentemente dal genere di appartenenza.Plastica: Credo che a livello educativo la donna sia molto poco spinta a interessarsi a questa professione e ad esporsi, mentre i ragazzi, per un motivo o per l’altro, si fanno più avanti e sin da piccoli sono portati ad avere una mentalità più “competitiva”. La produzione è vista ancora come “una cosa per ragazzi”, al contrari del canto ad esempio, in cui una voce femminile può fare la differenza rispetto ad una maschile, ma non solo: spesso una ragazza che canta è una cantante, punto. La verità è che esistono tantissime donne che oltre a cantare producono, scrivono, suonano, ma questo non rientra nei canoni femminili della nostra società, ancora di stampo ampiamente maschilista. Credo che quindi il gender gap debba essere colmato a livello educativo e culturale: le ragazze dovrebbero essere motivate anche a professioni più “tecniche” che per ora non sembrano spettare loro, in quanto mancano quasi totalmente figure di riferimento femminili nel campo della produzione musicale. La verità è che una donna ha le stesse capacità di un uomo di raggiungere un obbiettivo, ma mancano le opportunità, il supporto: tante volte la motivazione di una donna in quest’ambito è demolita da una serie di consuetudini e luoghi comuni radicati nella nostra cultura, per cui si pensa che la donna sia meno adatta a questa professione.
Parlando di soluzioni, sicuramente non si tratterebbe di svalutare la figura del producer/musicista/ autore uomo, ma di valorizzare piuttosto la parità dei sessi. Credo che dovremmo acquisire una maggiore consapevolezza di noi stesse, creare connessioni con altre producer (prima di tutto sapendo che esistono), ingrandire e rinforzare la nostra community.Elasi: Penso che sia per una questione culturale: quando ero piccola c’era poca educazione alla produzione elettronica nel Conservatorio e nelle scuole che ho frequentato, quando invece, secondo me, dovrebbe essere parte integrante e fondamentale dello studio del suono, dell’arte e della musica. Non è da negare anche il fatto che, sempre per motivi culturali e tradizionali, le classi di musica elettronica siano sempre a grande maggioranza maschile: quando ho studiato produzione o ho fatto esperienze lavorative in studi ero sempre l’unica ragazza. Per questi motivi, penso che ci siano due soluzioni possibili: la prima è quella di proporre l’argomento alle scuole e di creare dei workshop per bambini e bambine di musica elettronica (cosa che sto organizzando con il Comune di Alessandria, ma al momento è bloccata dal Covid); la seconda è quella di fare gang tra noi produttrici, creare sinergie, scambi di idee e supportarci per trasmettere a noi stesse e alle future producer il coraggio di andare avanti in questo settore difficile creando una scena che ancora non c’è.
Ok, siamo poche, ma quelle poche che ci sono perchè spesso non vengono molto ascoltate, supportate e prese sul serio? 🙂
All’estero la situazione è ben diversa e sono parecchie, ricercate ed influenti le produttrici, artiste e musiciste. Una questione solo culturale?
бoбa: Nei paesi dove le donne sono più emancipate, prendendo per esempio gli UK, USA o alcuni paesi del Nord Europa questo ‘’problema’’ non si pone, è giàà superato e non solo per una questione culturale. Le cose negli anni sono cambiate, il modo in cui ci rapportiamo alla realtàà ha trasformato il suo ordine di prioritàà e se fino a qualche tempo fa il destino femminile era nella maggior parte dei casi subordinato al volere maschile in quasi tutti i campi lavorativi, oggi le donne possono ritenere di trovarsi sulla strada dell’emancipazione. Soprattutto dal momento in cui l’ineguaglianza di genere è stata finalmente individuata come un problema, e non come uno stato di cose normale.
Ginevra Nervi: Certamente. Il fattore background culturale (e storico aggiungerei) di un paese va sempre preso in considerazione, soprattutto quando ci si riferisce ad una tematica ancora così delicata. Sicuramente in Italia non brilliamo per essere il paese più reattivo nell’accogliere i cambiamenti e purtroppo siamo ancora molto indietro rispetto ad altre nazioni che già decenni fa promuovevano e attivavano politiche mirate all’abbattimento delle barriere di genere (penso ai paesi del nord Europa ad esempio). Il fatto di arrivare sempre così in ritardo non è d’aiuto e in più non ci rende in nessun modo competitivi sul mercato musicale.
ehua: Si la questione è culturale, ma è anche pratica. Come dicevo, serve più flessibilità, bisogna aprirsi, lasciar entrare la diversità in tutte le sue forme. Ma ci vuole anche fermezza per creare un nuovo standard, rimuovendo le mele marce per far si che tutto l’albero sia sano. Credo che ci sia un po’ di timore da questo punto di vista, perché aprirsi, significa esporsi e in genere il mondo diventa “woke”, si sveglia su certe questioni, ben prima che le istituzioni e i sistemi si adattino al cambiamento. C’è bisogno di molto lavoro.
Whitemary: Forse si, è solo arretratezza culturale. Anzi, non la definirei arretratezza ma lentezza. L’Italia è dannatamente lenta. Magari dovrebbe cambiare anche il modo in cui si parla della musica stessa.
IDRA: Oltre ad essere diversa sono anche tante le producer Italiane che si spostano all’estero o che pubblicano con etichette estere. In questo ultimo anno le mie pubblicazioni e collaborazioni sono state quasi unicamente con etichette e realtà estere, principalmente tra America e Germania.
Nel mio caso il motivo principale è il genere di musica che produco, sono una producer di musica Ambient, genere che in Italia ad oggi non riesce ancora a funzionare bene ed è meno riconosciuto rispetto che in altri paesi. Ma oltre a questo motivo personalmente sento una differenza nel modo di lavorare e nel pensiero tra Italia ed estero, qui spesso c’è ancora stupore se sei donna e fai la producer o perfino la musicista, io arrivo da un percorso di studi classici, mi sono diplomata in tromba classica in conservatorio e per tutto il mio percorso di studi mi sono sentita ripetere come un mantra la frase “ah sei una donna e suoni la tromba, che strano”.
Non mi è mai capitato, o almeno ad oggi, che all’estero ci sia stata qualsiasi espressione di stupore nei miei confronti e nei confronti di quello che faccio. Quindi per rispondere alla tua domanda, una questione culturale si, ma anche l’annullamento degli stereotipi.Plastica: All’estero la figura della donna legata alla musica è più visibile ma, in particolare nell’ambito della produzione musicale e del beatmaking, non si riescono comunque a individuare punti di riferimento femminili importanti e influenti al pari di grandi nomi maschili. Intendo dire che, guardando alle nomination ai Grammy o alle classifiche mondiali degli ultimi anni, ci rendiamo conto che le cifre sono davvero spaventose, non solo in Italia. La donna producer certamente esiste, ma rimane sempre un po’ nascosta, poco incentivata e stimolata, soprattutto negli ambiti pop e hip hop. In generale, gli uomini continuano a superare di gran lunga le donne nell’industria musicale.
Elasi: Probabilmente sì, ma ci arriveremo anche noi con i nostri tempi un po’ più dilatati.
Il tuo sogno nel cassetto o meglio con chi ti piacerebbe lavorare?
бoбa: Sognando in grande mi piacerebbe lavorare con artiste mondiali come la sud americana Nathy Peluso o l’inglese FKA Twigs. Nathy ha un’energia femminile davvero potente, mi piace la sua naturalezza, il suo modo di essere poco costruita e vera oltre la sua musica che credo sia un’innovazione per l’America latina. FKA Twigs è affascinante, ipnotizzante sia come donna che come voce, un’artista super avant-garde. È stata per me la mia più grande fonte d’ispirazione quando ho cominciato a produrre.
Ginevra Nervi: Non saprei dirti un nome nello specifico, ce ne sarebbero davvero molti. Questo è un tema che mi sta molto a cuore. Nel corso degli anni ho capito che collaborare e creare una solida rete con con altri artisti e addetti ai lavori porta ad una crescita personale e professionale incredibile. Personalmente non potrei mai comporre musica senza vivere una vita ricca di connessioni con altri creativi, sopratutto curando la qualità di queste relazioni, cosa che talvolta oggi diamo per scontata. Spesso capita di pensare alla collaborazione come una strategia di marketing o come qualcosa che ti permette di premere l’acceleratore sulla carriera…non penso che oggi un’operazione del genere porti a risultati soddisfacenti o che cambi realmente qualcosa. Sono convinta che la sincerità alla base di una collaborazione sia la chiave fondamentale per portare alla luce qualcosa di qualitativamente migliore. A lungo termine credo che premi nettamente di più la cura capillare che dedichiamo a ciò che facciamo piuttosto che buttarsi a capofitto in collaborazioni o contesti lavorativi poco sentiti.
ehua: Non ho sogni nel cassetto, o se ci li ho, non mi si sono ancora manifestati con chiarezza. Sto seguendo un percorso a zig-zag che è molto interiore, anche se si esplica in musica elettronica che tende al club, e in questo mio viaggio mi fermo molto a guardare fuori dal finestrino. La lista di persone con cui vorrei lavorare è infinita, ma direi che nei primi posti della lista ci sono sicuramente Mica Levi, Tirzah, Lafawndah.
Whitemary: Ti direi Soulwax, Ela Minus, De Staat, Chemical Brothers, Simiano mobile disco, Marie Davidson, Atom Tm, ma mi sentirei così tanto a disagio con crisi da fan-girl che spero non succeda mai.
IDRA: Sicuramente appena finirà questo periodo e si potrà tornare a viaggiare vorrei andare con il mio synth modulare in luoghi lontani, in mezzo alla natura, a riprendere il contatto con una realtà lontana per creare un progetto di improvvisazioni audio/video. La collaborazione dei miei sogni ad oggi rimane produrre un disco insieme ad Ólafur Arnalds e Nils Frahm.
Plastica: Potendo esagerare, attualmente sogno di collaborare con artisti come James Blake, Bon Iver o Mura Masa. Restando invece nel territorio italiano stimo molto, per dirne alcuni: Venerus, Generic Animal, Baustelle, Frah Quintale, Ghemon e Coma Cose.
Elasi: Mi piacerebbe lavorare con delle teste libere da schemi e che amano contaminare la loro musica con altre arti. Ad esempio amo Bjork, FKA Twigs, Sevdaliza, Arca, Sudan Archives…
Ultimo tuo progetto?
бoбa: E’ appena uscito il mio nuovo singolo WS.YHTK? (Which side you hold the knife?) è con questo brano si conclude un capitolo della mia vita. In questi ultimi due anni ho combattuto tanto per superare alcuni problemi e ovviamente l’arte che ne fuoriesce è stata di riflesso a quello che c’era dentro di me. ‘’Da che lato mantieni il coltello?’’ traduzione del titolo del brano è la grande lezione che ho imparato. Non come una sfida con qualcuno, non come il detto che sostiene che qualcuno debba tenere il coltello dalla parte del manico per essere il più forte, ma che da soli possiamo scegliere da che parte tenerlo per farci del bene o del male ogni giorno. Da soli possiamo decidere di stringere la lama e sanguinare o tenerlo dal manico e tagliarci una bella fetta di torta, o chissàà una bella fetta di giornata tutta da assaporare. Oltre ad essere una musicista sono anche un insegnante di yoga, quindi questo mi sta portando verso nuove direzioni musicali. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte, qualcosa di diverso. Mutiamo, e la nostra musica muta insieme a noi.
Ginevra Nervi: Ho finito di lavorare al mio Ep che non vedo l’ora di pubblicare e ho chiuso recentemente due colonne sonore, una per un cortometraggio e una per un film indipendente, nei prossimi mesi ho alcuni progetti molto interessanti in partenza e non vedo l’ora di iniziare a lavorarci…
ehua: La mia ultima uscita è stata un remix di “Shepherd Song” dei Keleketla! – progetto musicale sperimentale creato dai Coldcut e dai fondatori della Johannesburg Keleketla library.
L’ultimo progetto che ho concluso invece è il mio prossimo EP che uscirà tra qualche mese in primavera su Nervous HorizonWhitemary: Disco!!!! Praticamente finito, fra poco cominceranno ad uscire i primi singoli. Non vedo l’ora!
IDRA: Oltre all’uscita del mio ultimo lavoro personale ‘Lone Voyagers, Lovers and Lands’ con l’etichetta Tedesca Seil Records ho avuto il piacere di collaborare ad un progetto tenutosi al interno del Teatro degli Arcimboldi, in collaborazione con il Tatuatore Marco Matarese. Lo scorso 8 Dicembre Il Teatro degli Arcimboldi vuoto e chiuso al pubblico a causa delle normative anti- Covid è divenuto sfondo e parte integrante di una performance artistica figlia di questi tempi di pandemia dove l’artista Marco Matarese si “esibiva” lavorando su una schiena accompagnato da un dialogo musicale improvvisato tra i musicisti Xabier Iriondo, IDRA, Gino Sorgente e il Trio cavalazzi. “Il palcoscenico vuoto: un luogo dedicato alla relazione con un pubblico che diventa lo spazio mentale di un individuo costretto a parlare con se stesso. I pensieri si fanno musica e si concretizzano sulla pelle diventando un vero e proprio tatuaggio, simbolo del ricordo e dell’eternità. La musica spiega, sullo sfondo del teatro vuoto, la confusione e il tormento di un’anima costretto all’apnea sociale. Il corpo, contenitore e contenuto allo stesso tempo.
Plastica: L’ultimo progetto a cui ho preso parte, “It’s Ok To Leave 2020”, è un’iniziativa di Burro Studio in cui sono stati coinvolti altri 9 producers italiani per la pubblicazione di un’EP, in vendita su Bandcamp abbinato al merchanising. Il ricavato delle vendite è interamente devoluto a CAP10100 di Torino e alla loro iniziativa a sostegno di artisti emergenti. La mia traccia “A Long Long Song” è un inno all’immaginazione, alla spensieratezza e ai bambini che siamo stati, con l’augurio che questo nuovo anno ci porti un po’ di quella semplicità e felicità gratuita che sentiamo tanto mancare in momenti particolarmente difficili.
Elasi: È il mio primo EP, CAMPI ELASI, in cui ho sviluppato collaborazioni in remoto con musicisti da tutto il mondo (dal Mali al Brasile, dall’India all’Armenia) scegliendo di avere sound dai confini geografici e stilistici superfluidi e multicolore!
LE NOSTRE INTERVISTATE
бoбa:
Conosciuta come бoбa, che dalle lingue slave significa ‘’grande donna’’, Roberta Lippolis è una cantante barese formatasi nella scuola jazz di famiglia ‘’Il Pentagramma’’. Diventa anche una Producer e DJ nel 2017, trasferendosi a Londra e studiando Bachelour of Arts in Commercial Music presso la Westminster University. E’ lì che ha la possibilitàà di consolidare le sue doti come Performer e DJ. Nel 2019 viene selezionata dallo ‘Jager Music Lab’ e vola a Berlino insieme ad altri 9 ragazzi per partecipare ad uno dei contest di musica elettronica più importanti in Italia. A Berlino Boba ha la possibilitàà di suonare il alcuni clubs famosi e incontrare alcune figure influenti nel campo della musica. Tornata in patria nel 2019 Boba continua ad esibirsi live in locali e clubs in tutta la Puglia.
Le sue più grandi fonti d’ispirazione sono artisti provenienti da diversi generi musicali come: FKA Twigs, Matt Dennis, Nuages e i Massive Attack. La formazione jazz e le linee vocali profonde pungenti di бoбa danno vita ad un progetto dalle varie sfumature: elettroniche, jazz, downtempo ed ambient.
https://www.instagram.com/bobalippolisss/
Ginevra Nervi:
cantautrice e compositrice di musica elettronica nata a Genova. Le sue radici musicali affondano nella New Wave e nel Synth Pop, con profonde influenze dall’elettronica nord europea.
Nel 2014 la prima collaborazione nel mondo delle serie tv, con la sigla della serie “Il Commissario Rex” diretta dai Manetti Bros. Negli anni seguenti alcuni dei suoi brani compaiono su altre serie tv come “L’ispettore Coliadro” (2016) e nel film “The Start Up” di Alessandro D’Alatri (2017).
https://www.instagram.com/ginevranervi_/
Ehua:
è una produttrice e DJ italiana con base a Londra. Il suo EP di debutto, Diplozoon, è uscito a novembre 2018 sull’etichetta londinese Femme Culture, lavoro che è stato seguito da una serie di singoli e remix. Tra le ultime uscite figurano Meteora, traccia parte di NH V/A VOL.3. la terza compilation dell’etichetta londinese Nervous Horizon, il remix di Compact Mirrors At The Bottom of the Sea di Ariel Zetina per Femme Culture, e il remix di Shepherd Song di Keleketla!, il progetto sperimentale creato dai Coldcut insieme ai fondatori della Johannesburg Library, per Ninja Tune.
Dal 2017 Ehua ha suonato come DJ in clubs e festivals in Italia, Francia e Inghilterra (tra cui anche Glastonbury Festival e Boiler Room), e dal 2019 è una resident DJ di Radio Raheem Milano.
Negli ultimi anni Ehua ha anche composto musica per progetti e film sperimentali, ma la produzione è solo una delle forme creative attraverso le quali esprime il suo talento creativo. Da sempre molto vicina al mondo della cultura e delle arti, e laureata in Sociologia, Ehua è l’editor-at-large e partner del collettivo GRIOT, un magazine online e piattaforma creativa che celebra le arti dalla diaspora africana e dal mondo.
https://www.instagram.com/ehuamusic/
Whitemary:
in realtà si chiama Biancamaria. Vive a Roma, scrive, canta, suona e si produce da sola. Quando non spacca con la musica, furoreggia con gli sparatutto online. Nel 2019 ha pubblicato un EP autoprodotto, “Alter Boy”, mentre nel 2021 arriverà il suo primo disco per 42 Records.
https://www.instagram.com/whitemarymusic/
IDRA è lo pseudonimo di Francesca Pavesi, musicista, producer e sound designer di Milano. Dopo gli studi di musica classica e diplomata in Tromba al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano si affaccia alla musica elettronica conseguendo un Master alla Berklee a Valencia.
Il suo progetto di musica Ambient è caratterizzato da Soundscape e textures organiche attraverso l’uso di synth modulari e synth analogici con l’intento di portare l’ascoltatore verso nuovi mondi e modi d’ascolto.
https://www.instagram.com/idra_sound/
Plastica:
Matilde Ferrari aka PLASTICA, classe 1996, è una producer, musicista e dj veronese. Collabora e produce per vari artisti e brand, realizzando in parallelo musica propria che spazia dalla dance all’R&B alla musica sperimentale, non posizionandosi in un genere specifico. Nel 2019 partecipa come finalista allo Jäger Music Lab di Berlino e nel 2020 entra a far parte del roster di Sugar Music Publishing.
https://www.instagram.com/plastica.zip
Elasi:
Elisa Massara, classe 1993, è una cantautrice, chitarrista, producer alessandrina il cui stile musicale è impregnato di viaggi in giro per mondi, reali e immaginari. Con una formazione di chitarra classica al Conservatorio Vivaldi di Alessandria, di produzione musicale presso uno studio di Los Angeles e di un biennio di songwriting presso l’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini di Roma, ELASI a ottobre 2018 pubblica per Costello’s Records/Peermusic il suo primo singolo “Benessere”. Il brano attira subito l’attenzione di pubblico e critica grazie al sound colorato e solare che caratterizza tutta la produzione dell’artista, capace di intrecciare le influenze musicali più varie, dall’afrobeat alla bossanova, dal R&B al funk, dal nu jazz all’elettronica sperimentale, dall’house al glam rock. A gennaio 2019 esce il brano “Vivo di vividi dubbi” (Costello’s Records/Peermusic). A novembre 2019 esce il singolo “Si salvi chi può” per Sugar, e ad aprile 2020 il brano “Continenti” (Sugar). In questi anni ELASI si è esibita sui palchi di molte prestigiose realtà italiane (Blue Note, Auditorium Rai, MI AMI Festival, Home Festival) e ha vinto borse di studio, bandi e premi per il suo progetto artistico ( Premio miglior canzone e Premio miglior arrangiamento al Premio Bindi, artista del mese su MTV New Generation, finalista su Rai 1 al Premio Lelio Luttazzi, borsa di studio per Berklee Umbria Jazz Clinics, Bando ORA!X per il progetto “CHI”, performance crossmediale di videoarte, realtà aumentata e musica arrangiata a distanza in remoto con musicisti da sette diversi paesi del mondo). “Campi Elasi” è il suo Ep di esordio, in uscita il 28 ottobre 2020 per Neverending Mina e distribuito da Artist First, nel quale ha sviluppato collaborazioni in remoto con musicisti da tutto il mondo.
https://www.instagram.com/elasi__/
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