RANCORE “Il mondo viene trattato come se fosse un bambino distratto”

RANCORE “Il mondo viene trattato come se fosse un bambino distratto”

Rancore, la vera scoperta dell’ultimo Sanremo, è ancora in giro per lo stivale con il suo “Musica per bambini tour”.

Rancore, al secolo Tarek Iurcich, nato da madre egiziana e padre croato, Rancore muove i suoi primi passi proprio dal Tufello e lo fa sin da giovanissimo.

A quattordici anni i primi testi, poi l’ingresso nella scena hip hop romana con la partecipazione al Phat Roma: una manifestazione di improvvisazione nella quale inizia ad esibirsi dal vivo tra freestyle e uno stile street che da subito gli valgono apprezzamenti e una forte credibilità conquistata sul campo.

Quattro gli album all’attivo: Segui me del 2006, nel 2011 Elettrico con DJ Myke, l’anno successivo Silenzio, sempre con DJ Myke e nel 2018 Musica per bambini.

 

Cosa ti ha lasciato Sanremo?

Sanremo mi ha lasciato una grandissima soddisfazione per i tre premi ricevuti (critica, stampa e testo). Per me è stato un grandissimo onore andarci con Daniele Silvestri e riuscire a portare la mia attitudine. Quello che volevamo fare, cioè portare un messaggio, è arrivato.

Rancore, dai ancora lo stesso significato di quando lo hai scelto come nome d’arte?

Con il tempo è diventato qualcosa da sconfiggere più che da portare. Ciò che cerco ora è il suo contrario: il perdono. Se continuo a tenere questa maschera è per esorcizzare il rancore, più che trasmetterlo. Tanto Batman si vestiva da pipistrello per incutere paura ai suoi nemici, quanto io mi vesto da rancore per lo stesso motivo, almeno oggi. Sono convinto che in Italia di rancore ce ne sia tanto ora, è uno dei sentimenti più vivi e non è un caso io, dove io è inteso come sentimento, quest’anno fossi al festival.

In Musica Per Bambini c’è un tuo senso di alienazione puoi spiegarcelo?

Musica Per Bambini parla di come questo mondo ci abbia tolto delle cose che sono state sempre considerate scontate, lo stesso sentimento appare in Argentovivo si percepisce. Prima era scontata la nascita, la vita stessa o comunque erano valori che le generazioni mettevano in dubbio, fino a un certo punto. Oggi c’è una crisi generale che porta a perdere dei valori  fondamentali. Musica Per Bambini è un disco disperato, in cui non vi è la speranza, è una persona che non riesce più a comunicare con il mondo e non si sa come ha fatto un disco. E’ la sensazione che percepivo mentre stavo scrivendo questo album. Quello che io dicevo, era qualcosa di alieno, così come il dialogo tra due persone perché fondamentalmente la sensazione è che nessuno resta più a capire nessuno. Veniamo bombardati dai problemi, personali, economici, culturali. In questo disco appare questa disperazione in cui non vi è quella razionalità una persona adulta. L’ho lasciata andare come un bambino. Il mondo, come anche dico in Argentovivo, viene sempre trattato come se fosse un bambino distratto che deve sempre catturare l’attenzione del prossimo.

Per questo disco ti sei occupato di musica e parole , come ti sei trovato?

Mi sono comportato da etichetta, da direzione artistica. E’ stata una bella responsabilità ma non avrei potuto fare diversamente. Mi sono affiancato con la massima umiltà a musicisti, beatmaker e persone che potevano darmi una mano cercando di avere le idee chiare su ciò che volessi fare anche io. Dopo anni di produttori fissi, è stato il primo disco in cui ero da solo. Non ero sicuro di arrivare sino alla fine e di arrivarci bene. Quando il disco è uscito e le persone hanno apprezzato la scelta delle basi piuttosto che dei suoni, sono rimasto piacevolmente colpito. Non era per niente scontato. Riuscire a trovare il giusto terreno per le mie parole e averlo fatto io stesso, è stata la mia più grande soddisfazione.

Come è rappresentato dal vivo Musica Per Bambini?

E’ sicuramente un concerto intimo, mi piace definirlo uno spogliarello dei sentimenti. C’è molto di teatrale, scenografie e maschere, discorsi, strumenti. E’ uno show complesso e pieno di colpi di scena.

In Tufello hai cantato “Sarà che per molti il Tufello resta un buco” cosa ti lascia e cosa toglie la periferia?

La periferia non mi ha tolto nulla in realtà, mi ha permesso invece di essere più sereno e calmo, di non avere caos intorno a me. Mi ha permesso di ritrovarmi prima nel momento in cui mi perdevo. La fantasia l’ho sempre cercata dentro di me, invece che cercala fuori. Il fatto di provenire da culture diverse, mi ha permesso anche di vedere posti diversi. Non ho passato tutta la mia vita in periferia. Quello che mi ha dato è tanta poesia, chiamiamola così, il rimanere vero. n valore che forse, se mi allontanassi da qui, combatterei di più per mantenere saldo questo principio. Camminare sulle stesse strade, ti aiuta a ritrovarti quando ti perdi

Il cappuccio o il cappello perché?

Perché un modo per rimanere bambini. Sn Francesco d’Assisi e i francescani mettevano un cappuccio, perché dentro al cappuccio si racchiudeva il proprio silenzio. Lo vedo come un modo per proteggere qualcosa. Lo metto sempre quando sono in una dimensione che non conosco o dove comunque so essere una situazione piena di energie diverse dalle mie e non troppo positive. Mi aiuta per mantenere quel vuoto dentro di me dove l’energia si può muovere libera.

 

“MUSICA PER BAMBINI TOUR”
22/02/2019 Firenze Viper Theatre (ore 22.00, ingresso 12 euro + ddp)
09/03/2019 Bologna Locomotiv (ore 22.00, ingresso 12 euro + ddp + tess AICS)
16/03/2019 Roma Atlantico (ore 22.00, ingresso 12 euro + ddp)
22/03/2019 Brescia Latte+ – NUOVA DATA
13/04/2019 Pordenone Capitol – NUOVA DATA
14/04/2019 Milano Alcatraz (ore 21.30, ingresso 15 euro + ddp)
03/05/2019 Parma Campus Industry – NUOVA DATA

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