Recensione – ANASTASIO – “Mielemedicina” [Traccia per traccia]

Recensione – ANASTASIO – “Mielemedicina” [Traccia per traccia]

“Mielemedicina” è la medicina di ANASTASIO, il titolo del suo nuovo disco che arriva dopo due anni di silenzio dal precedente album di debutto “ATTO ZERO”.

Nove brani inediti, per poco meno di mezz’ora che rappresentano l’attuale stato di Anastasio. 
Un processo di maturazione che ha portato Marco a confezionare un disco, denso di contenuti e situazioni pieno di riferimenti letterari che vanno da Bukowski, a Ferretti, fino a Baudelaire e perfino alla Bibbia. 

Ecco il racconto traccia per traccia del disco. 

TRACCIA PER TRACCIA 

“E Invece”

Il brano forse musicalmente più interessante di questo nuovo lavoro è per certi versi il sequel di “Rosso di Rabbia” (singolo che Anastasio ha presentato sul palco di Sanremo nel 2020).

In “E invece” torna il tema della bomba inesplosa che qui però viene superato. Se in “Rosso di rabbia” la bomba non esplode e il dinamitardo rimane come un “fesso”, in “E invece” la faccenda si risolve.

Ma se davvero qui nessuno fa sul serio anche una spada di plastica potrà inceppare la macchina” nel senso che per fare il rivoluzionario nella società d’intrattenimento alla fine devi intrattenere. Se nessuno fa davvero sul serio allora facendo sul serio tu non arriverai da nessuna parte.

“Assurdo”

pezzo in cui la chitarra è protagonista (e si fa incalzante nei ritornelli), un brano ricco di riferimenti autobiografici (“ho dato per scontato il mare”, “ho messo ad essiccare qualche sentimento”) e al contempo una finestra sull’approccio alla vita dell’autore.

Il brano, che prende spunto dalla poesia di Charles Bukowski “La tragedia delle foglie” (non sarà Bukowski l’unico scrittore e poeta a cui Anastasio fa riferimento nei 9 brani del disco) si sviluppa su due binari, due mondi storicamente opposti ma fortemente correlati come l’amore e il dolore ma nonostante uno sguardo iniziale più malinconico (“e corro sotto l’acquazzone sempre più veloce finché non ricordo la destinazione”) è sul finale che si rivela il significato del testo (“ma se viene il sole poi per un secondo non sarà così; non mi serve altro che un secondo di sole per pentirmi di tutto per dire al chirurgo: si fermi subito, io lo voglio ancora il cuore”).

“Babele”

è un brano con ovvi riferimenti biblici che parla del tema del linguaggio, un tema di cui parla tutto l’antico testamento, se lo leggi in quella chiave.

“Babele” – racconta Anastasio- è crollata perché tutti parlavano lingue diverse e la lingua si era alienata da se stessa e dalla realtà. Oggi ci troviamo in una seconda Babele dove le nostre parole non hanno più alcun significato, sono gusci vuoti, senza valore. Internet e la bulimia di lettura, l’infinito scroll delle immagini, tolgono al linguaggio – che secondo me è una cosa magica – la sua anima e la sua essenza giocosa.

“Simbolismo”

è un altro pezzo mistico e poetico.

È forse il pezzo più difficile da spiegare – racconta Anastasio – dove il tema centrale è la morte di Dio, guardato dagli uomini con ammirazione come si osserva un funambolo (“l’uomo che cammina”) ma al contempo con il desiderio di vederlo cadere per rimpiazzarlo. È un brano molto cupo, dai toni blu.

“Tubature”

è la prima collaborazione di Anastasio con il pianista e compositore Stefano Bollani, un pezzo che vede il jazz fortemente preponderante sia nelle parole che nella musica.  Anastasio spiega:

In questo brano le parole vogliono creare un turbine: il tema è quello del mondo, dell’immaginario che è tanto reale quanto il mondo vero.

“Magari”

si ricollega ad “Assurdo” e alla tematica della vendita del cuore.

Il testo della canzone – racconta Anastasio – nasce dai versi del poeta marchigiano Massimo Ferretti e in particolare al suo verso “perché la carezza se sognata può essere un miracolo azzurro e quella avuta è sola un vento di mano”.

“Dea dai due volti”

Charles Baudelaire ispira il brano che, spiega Anastasio,

nelle poesie dedicate alla sua musa Jeanne Duval presenta questa donna come un demone salvatore, una donna che felice e con il sorriso ti manda all’inferno.

“L’impero che muore”

viene dipinto un mondo passato in disfacimento.

Nel testo – racconta Anastasio – rappresento una città medievale con i suoi elementi classici, un castello, i soldati e il popolo. In questo impero che muore e va verso la rovina il popolo festeggia attorno agli incendi, i ribelli danno l’assalto al castello e l’imperatore, in uno spiazzante fotogramma anacronistico, fugge in elicottero. Ora che il potere è stato abbattuto i ribelli si sentono persi e senza uno scopo. Ma in realtà hanno solo abbattuto un simbolo perché il potere è solo trasmutato.

“L’uomo, il Cosmo”

è un pezzo estremamente immaginifico, il più lungo dell’album. Anastasio lo racconta così:

il pezzo vuole essere un viaggio, inizia con un lento zoom che parte dal big bang, passa per galassie e pianeti per arrivare infine a soffermarsi sui più piccoli particolari di ciò che ci circonda come “un gelato al puffo”, “un parcheggio”, “una pianta carnivora”, “le allodole libere”…. Anastasio aggiunge: penso sia la perfetta chiusura dell’album perché paradossalmente porta con sé una grande apertura, il lento zoom-in si trasforma in un concitato zoom-out che alla fine rimane sospeso tra lo spazio e il tempo.

SCORE: 7,15

DA ASCOLTARE SUBITO

E invece – Tubature – L’Uomo, il Cosmo

DA SKIPPARE SUBITO

Nessuna. Poco meno di mezz’ora che va dritto dall’inizio alla fine! 

TRACKLIST 

DISCOGRAFIA 

2020 – Atto zero
2022 – Mielemedicina

VIDEO

WEB & SOCIAL 

https://www.instagram.com/anastasio_quello/
https://www.facebook.com/AnastasioOfficial/

 

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