Recensione concerto – KHRUANGBIN: un Viaggio Musicale Senza Confini

Recensione concerto – KHRUANGBIN: un Viaggio Musicale Senza Confini

Dire chi sono i KHRUANGBIN è opera difficile. Partiamo dalle basi: sono un trio texano formato da Mark Speer alla chitarra, Laura Lee al basso e Donald “DJ” Johnson Jr. alla batteria. Una classica formazione da power trio ma non sono un power trio.

La formazione viene fondata nel 2010 dal chitarrista e dalla bassista a cui poi si unisce il batterista, ex compagno di musica gospel di Speer. Nel 2015 arriva il primo dei loro, sinora, sei album in studio.

Adesso inizia il difficile: raccontare cosa suonano. Ma tutti quelli che affollavano (ed erano tanti) l’Alcatraz di Milano evidentemente ben conoscono la musica del trio.

I Khruangbin, parola che in thailandese significa aeroplano, hanno un proprio stile, dato dalla somma di mille influenze musicali. Una ricca (e sempre aggiornabile) miscela “esplosiva” e geniale, che dà vita allo stile Khruangbin.

Il tutto si basa sui suoni della chitarra, che fluisce incessantemente e del basso che non si limita alla parte ritmica, ma diventa muro portante della struttura musicale del trio. Ovviamente non va dimenticato il ruolo (più standard – se vogliamo) della batteria.

Tutto questo lo portano sul palco dove la loro proposta diventa rovente, una continua ricerca sonora a cui si aggiunge anche una cura teatrale fatta di scenografia e di movimento, quasi coreografico, dei due.

Il concerto inizia in maniera molto tranquilla ma è un crescendo per il resto delle tracce (non si può parlare di canzoni visto che il testo o non esiste – solo strumentali – o si limita a poche singole parole, che possono essere anche solo dei numeri declamati in lingue diverse e un vero e proprio testo lo si ascolta raramente).

Le tante influenze

C’è dunque questo crescendo nel concerto che vive sulla chitarra, sulle sue fughe strumentali, su lunghi, dilatati assoli, più raffinati che potenti, spesso arpeggiati. A tratti ricorda gli inglesi Shadows (un quartetto strumentale che prima accompagnò Cliff Richard) o gli Spanic Boys (ma meno blues), ma ecco che poi arriva un accenno a Morricone, quello di “Indagine su un Cittadino al di Sopra di Ogni Sospetto” tutto chitarra, che poi entra in una desert song, per dopo infilarsi in un trip psichedelico e uscirne abbracciando un dub o scatenarsi su riff più tipicamente rock, senza tuttavia dimenticare dei momenti alla Pink Floyd. Ma anche se si ha voglia di ballare i Khruangbin non deludono perché alla base della loro musica, c’è anche tanto funk e spesso, questo grazie al basso, viene a galla. Ecco, questa è la complessa proposta musicale di cui si parlava prima.

Il suono della sei corde è pulito, non ci sono grandi effetti sonori, non c’è l’obbligo per Speer di stare davanti ad una pedaliera alla ricerca di suoni diversi con continui cambi di aggeggi elettronici. Qualche reverbero, echo e pochi altri supporti modificano il suono in maniera costante per tutta la traccia. Questo gli permette di muoversi sul palco, di scambiarsi di posizione, d’incrociarsi con la bassista con la quale accenna anche a delle semplici coreografie e delle mosse coordinate e definite.

il ruolo del basso

L’altra colonna sonora portante dei Khruangbin è data dal basso di Laura Lee (anche lei attenta ai suoi movimenti sul palco, ballando a volte come fosse una marionetta). Lo strumento ricopre un doppio ruolo da solista e ritmico, con un suono ben evidente, primario, che accompagna la chitarra e ne diventa partecipe. La complessità non sta tanto dal punto di vista esecutivo (non c’è mai – come anche nella chitarra – del virtuosismo fine a sé stesso) quanto in quello compositivo. Le parti di Laura sono essenza stessa della musica del trio texano. Anzi ne sono addirittura la caratteristica e la parte con maggior originalità. Supportato da un alto livello di uscita dal mixer il basso, spesso suonato nella parte bassa del manico, diventa una “voce grossa” nel complesso sonoro del gruppo e in alcune occasion assolve un compito primario, solista, con la chitarra che si mette al suo servizio.

Alla triade chitarra, basso e batteria, in alcune occasioni si aggiungono delle tastiere suonate dalla bassista o dal batterista, e sono questi i momenti più intimi e delicati del concerto, durante il quale c’è anche una rilettura molto personale (e come potrebbe essere altrimenti?) di “99 Luftballons” (Nena 1983) con tanto di testo.

Non secondario è anche il ruolo della vera e propria scenografia che accompagna il concerto. Sul fondale c’è una struttura con tre finestre a forma d’arco dietro le quali scorrono immagini di cieli, nuvole, colori di tramonti ma anche notti stellate e un furioso temporale che si scatena verso metà concerto con tanto di tuoni, fulmini e un rumore di scrosci di pioggia (che alla fine diventa fin troppo lungo). Nessun’altra immagine sul palco, di fatto non ci sono gli schermi che ormai sono parte integrante della maggioranza dei concerti.

Il viaggio dell’aereo

L’aereo dei Khruangbin ci porta in giro per una vasta porzione di cielo musicale dove cambiano gli scenari ma il pilota resta sempre lo stesso. E i viaggi si sa sono fantastiche scoperte, ma alla fine risultano anche stancanti. E così, superata la sorpresa iniziale, passata la scoperta dello stupore e inquadrate le radici e le origini del suono, alla fine gli scenari iniziano a diventare un po’ consueti e perdono di quella immediatezza dei primi momenti. Non si arriva mai ad annoiarsi perché “un sopracciglio”, un sussulto di curiosità accompagna l’ascoltatore (più curioso) per tutto il concerto ma la sorpresa con il passare del tempo si fa meno sorprendente.

Comunque interessanti, coraggiosi e per certi versi sperimentali. Bravi. Se li vedete in giro non perdeteli.

Ps: non me ne voglia Donald “DJ” Johnson Jr. se non ho palato di lui, ma il suo lavoro alla batteria, per quanto imprescindibile, prezioso e ben eseguito, non ha quelle caratteristiche innovative che hanno invece i suoi soci.

SCORE: 8,00

Recensione di Luca Trambusti per musicadalpalco.com (Clicca per leggere l’intero articolo)

LA SCALETTA

Fifteen Fifty‐Three
May Ninth
Ada Jean
Farolim de Felgueiras
Pon Pón
Todavía Viva
Juegos y Nubes
Hold Me Up (Thank You)
Caja de la Sala
Three From Two
A Love International
Les Petits Gris
Friday Morning
August 10
Mr. White
Dern Kala
Lady and Man
Evan Finds the Third Room
María también

Encore:
99 Luftballons
(Nena cover)
Time (You and I)
(With ‘Knight Rider’ snippet in jam)
People Everywhere (Still Alive)

WEB & SOCIAL 

https://www.facebook.com/khruangbin

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