Recensione: FABER NOSTRUM
L’indie italiano canta De Andrè. “Faber Nostrum” è il tributo di 15 artisti italiani, tra cui Gazelle, Ex-Otago, Motta, Colapesce e Zen Circus al grande cantautore genovese.
Sebbene non mi possa definire sua fan, nutro per Cesare Cremonini un affetto sincero legato ai ricordi di adolescenza di cui lui ha firmato – senza che nessuno di noi potesse sfuggirgli, e dire che ci avevo provato – la colonna sonora. Per Giorgio Gaber, invece, provo un tale ossequioso rispetto che quando ho tentato di ascoltarlo, consigliata da mio padre, ho preferito interrompere piuttosto che ammettere di non riuscire ad amarlo come avrei voluto. Cosa c’entrano loro con “Faber Nostrum“? Aspettate.
L’altro giorno mi trovavo tra il pubblico del Piccolo Teatro Strehler per la chiacchierata tra la giornalista Marinella Venegoni e Cesare Cremonini. Argomento: Giorgio Gaber. Occasione: il consueto festival che Milano ogni anno gli dedica, “Milano per Gaber”. Ero lì per stima, insomma, più che per amore. Cremonini, col suo accento poco bolognese e la sua parlantina incessabile, ha espresso l’importanza di conservare la memoria attiva di un cantante come Gaber. Il nocciolo era: nessun artista può essere considerato intoccabile, se ciò implica relegarlo nel dimenticatoio.
E qui arrivo al dunque. Non ho potuto fare a meno di pensare ad un album che avevo ascoltato giusto qualche ora prima, “Faber Nostrum”: una raccolta di brani di Fabrizio De Andrè cantanti da alcuni degli (non più tanto) astri nascenti del nostro cantautorato (nel senso che sono già più che nati, e hanno già occupato delle posizioni stabili nella costellazione musicale italiana contemporanea). Per spiegarlo brevemente: si apre con Gazzelle, e si chiude con Vasco Brondi. Si comincia con “Sally” e si conclude con “Smisurata Preghiera”. Nel mezzo, in ordine di apparizione: Ex-Otago, Willy Peyote, Canova, Cimini e Lo Stato Sociale, Ministri, Colapesce, The Leading Guy, Motta, La Municipal, Fadi, The Zen Circus, Pinguini Tattici Nucleari, Artù.
“Faber Nostrum” ci serve, è giusto, fa bene alla musica. E’ giunto il momento di smetterla di chiudere i nostri cantautori in una teca di vetro, ha ragione Cremonini. Per cosa? Per paura di rovinarli? O per renderli ancora più distanti da noi, come se non ci pensasse già la cattiva musica? Per dargli un’aura di incomprensibile sacralità? Non possiamo pensare che l’ “uso” – passatemi il termine – di De Andrè possa essere concesso soltanto alla PFM, al figlio Cristiano e – eccezione eccezionissima – a Morgan. E’ vero, De Andrè non sarà mai condannato a morire, a maggior ragione per tutti coloro che ascoltano i cantautori di ultima generazione, perché conoscono l’indissolubile legame che li unisce a quelli di ieri. Non basta affidarne la sopravvivenza e la conoscenza alla curiosità di pochi, però. Bisogna fare di più, e questo disco è la dimostrazione che si possono fare cose molto belle per alimentare la memoria e rimettere in circolo la buona musica. De Andrè deve essere conosciuto, amato, ri-amato, ascoltato sempre di più del massimo possibile: non solo perché ha fatto grandi cose, ma perché si continuano a fare cose che lo riguardano.
Non è un sacrilegio, “Faber Nostrum” è un bel disco. Dentro non ci sono cover, ci sono canzoni. Non sono slanci musicali personali fatti apposta per esaltare il virtuosismo del cantante di turno, a discapito del brano. Nessuno si cimenta in imprese impossibili, anzi: ognuno canta il suo, come può, come sente. Io non lo definirei un tributo a vent’anni dalla morte di De Andrè, per me è un inno alla buona musica che vive e continua a suonare senza sosta, per tutti.
Alla fine del mio ascolto di “Faber Nostrum“, invece del consueto silenzio, è partita a sorpresa “Il testamento di Tito”, quella originale. Come un continuum ideale tra ieri e oggi, Faber canta ancora, canta ieri oggi e anche domani.
Score: 8,00
Tre brani da ascoltare subito: “Il bombarolo” – “Sally” – “Verranno a chiederti del nostro amore”
Quotes:
Con gli zingari nel bosco
Mia madre mi disse non devi giocare
Con gli zingari nel bosco
Lì venne Sally con un tamburello
Ma il bosco era scuro l’erba già alta
Dite a mia madre che non tornerò
Spesi cento lire per un pesciolino d’oro
Andai verso il mare senza barche per traversare
Spesi cento lire per un pesciolino cieco
Andate a dire a Sally che non tornerò
Gli montai sulla groppa sparii in un momento
Dite a mia madre che non tornerò
Con due gocce d’eroina s’addormentava il cuore
Vicino alle roulotte trovai Pilar dei meli
Bocca sporca di mirtilli un coltello in mezzo ai seni
Dite al pesciolino che non tornerò
Mi guardai nello stagno l’assassino s’era già lavato
Dite a mia madre che non tornerò
Sulla strada le sue bambole bruciavano copertoni
Sdraiato sotto il ponte si adorava il re dei topi
Sulla strada le sue bambole adescavano i signori
Dite alla quercia che non tornerò
Mi baciò sulla bocca mi propose il suo letto
Dite a mia madre che non tornerò
Con gli zingari del bosco
Ma il bosco era scuro l’erba già verde
Lì venne Sally con un tamburello
(Sally)
Tracklist:
1. Sally – Gazzelle
2. Amore che vieni amore che vai – Ex-Otago
3. Il bombarolo – Willy Peyote
4. Il suonatore Jones – Canova
5. Canzone per l’estate – Cimini ft. Lo Stato Sociale
6. Inverno – Ministri
7. La canzone dell’amore perduto – Colapesce
8. Se ti tagliassero a pezzetti – The Leading Guy
9. Verranno a chiederti del nostro amore – Motta
10. La canzone di Marinella – La Municipal
11. Rimini – Fadi
12. Hotel Supramonte – The Zen Circus
13. Fiume Sand Creek – Pinguini Tattici Nucleari
14. Cantico dei drogati – Artù
15. Smisurata Preghiera – Vasco Brondi
Video:
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