Recensione: FOO FIGHTERS – “Medicine At Midnight”
La medicina di mezzanotte è servita. Ce la prescrive l’unico team di dottori da cui ci faremmo visitare volentieri in questo periodo: i Foo Fighters.
Strano pensare che i Foo Fighters, l’unica band per cui 1000 musicisti si sono riuniti per suonare tutti insieme “Learn To Fly” dal vivo con l’unico scopo di convincerli a tornare in Italia, non possano festeggiare il loro 25esimo compleanno come ogni musicista meriterebbe. Questa volta no. Niente concerti. Niente tour. Nemmeno con un piccolo unplugged per pochi eletti. Nulla. Dave Grohl & Co. dovranno suonarsela da soli.
Strano, dicevamo. Eppure se c’è una cosa che abbiamo imparato da questa pandemia è abituarci ai paradossi e non dare più niente per scontato. E infatti non lo è nemmeno l’uscita di “Medicine at Midnight”, il decimo album dei Foo Fighters, arrivato ben un anno dopo la data originariamente programmata.
La cosa ancor più paradossale è che questo album non è affatto adatto al distanziamento, ma è perfetto per un live come quelli che ormai se ne parla solo al passato remoto. Non è un disco da ascolto solitario “cuffia e penombra”, è materia per party animals incalliti che sanno come destreggiarsi tra un ballo scatenato, una pogata e un bel lento. Infatti lo stesso Grohl ci ha tenuto a sottolineare che di fronte alla possibilità di fare il solito disco “per adulti”, si è detto “Fanculo, facciamo un album da festa”. Peccato che poi la festa l’abbia fatta il virus ai Foo Fighters e a tutti noi. Ma questa è un’altra storia.
E’ così i ragazzi di Seattle si sono voluti divertire, stupendo prima se stessi e poi noi. Che tirasse aria nuova, ne abbiamo avuto più che un assaggio quando “Shame Shame” ha cominciato a girare e a insidiarsi a poco a poco in testa, nonostante una prima smorfia di disappunto. Anche la opening track “Making a Fire” sembra prepararci ad un sound più leggero, più pop, ma state tranquilli e abbiate il tempo di arrivare a circa metà disco per imbattervi nuovamente nei Foo Fighters che parlano la loro lingua originale: la voce di Dave Grohl esplode in “No Son Of Mine”, così i riff di chitarra e la batteria come ce li ricordavamo. I Foo Fighters hanno accolto il nuovo anno addentrandosi in una selva inesplorata di funk, dance, suoni anni Ottanta e un po’ del vecchio grunge, ma non troppo.
Ah, e se ad un certo punto sentite qualcosa tipo “Final f * ck you to 2020”, sappiate che non ve lo siete immaginato. Anche i Foo Fighters ci tenevano a salutare degnamente l’anno appena passato.
SCORE: 7,50
TRE BRANI DA ASCOLTARE SUBITO:
No Son Of Mine – Shame Shame – Holding Poison
QUOTES:
The work of villains, the will of fools
If you believe it, it must be true
No son of mine, no son of mine
To beg forgiveness, no wicked deed
Head full of evil, heart full of greed
No son of mine, no son of mine
Hand to God with one foot in the grave
Age of lost innocence
Don’t forget what your Good Book says
No son of mine, no son of mine
Under the power, vested in thee
March into slaughter, down on his knees
No son of mine, no son of mine
Hand to God with one foot in the grave
Age of lost innocence
Don’t forget what your Good Book says
No son of mine, no son…
TRACKLIST
1. Making A Fire
2. Shame Shame
3. Cloudspotter
4. Waiting On A War
5. Medicine At Midnight
6. Holding Poison
7. Chasing Birds
8. Love Dies Young
DISCOGRAFIA
1995 – Foo Fighters
1997 – The Colour And The Shape
1999 – There Is Nothing Left To Lose
2002 – One By One
2005 – In Your Honor
2011 – Wasting Light
2014 – Sonic Highways
2017 – Concrete and Gold
2021 – Medicine At Midnight
IL VIDEO
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