Recensione: GIORGIENESS – “Mostri” [Traccia per Traccia]

Recensione: GIORGIENESS – “Mostri” [Traccia per Traccia]

Giorgia D’Eraclea, ovvero voce e penna del progetto Giorgieness, per questo terzo disco ha tirato fuori tutti i suoi “Mostri”. 

Un disco più maturo, ricercato, meno arrabbiato e sempre più consapevole. Un diverso nel linguaggio, in cui l’artista ha cercato di dipingere più che di scrivere, di  raccontare più che descrivere. I racconti riguardano tante persone, il passato in diverse forme e il futuro incerto, la speranza di fare qualcosa che rimanga e la voglia di  rimanere in disparte, fuori da un mondo che forse non sta bene addosso, ma «mi sta bene attorno», dice. I brani raccontano di famiglia, di amore – per se stessi e per gli altri – in tutte le sue forme, di dolore, di prepotente rinascita.

Ho scritto questo album in un momento di quiete, in modo molto diverso dagli altri», racconta Giorgieness. «Oggi sento di poter dire dire di aver composto le canzoni che avevo bisogno di ascoltare, forse ancora  più che di scrivere. I mostri siamo noi, tutti, soprattutto quelli come me, un po’ rotti e un po’ troppo profondi, quelli che ridono quando stanno male e piangono quando sono arrabbiati. Siamo tanti e mi sono resa conto che se c’è una cosa che voglio fare con la mia musica è dare un  posto a chi sente di non averlo, dare sollievo a chi si trova nella tempesta, come spesso  capita a me. Ed è un disco che ho scritto “alla fine dei vent’anni”, fase che sto vivendo  come un passaggio di stato, come un capodanno da cui ripartire.  

Mostri reali, mostri quotidiani raccontati ed esorcizzati con la potenza della musica. 
Ecco il disco raccontato traccia per traccia dalla stessa Giorgia. 

TRACCIA PER TRACCIA

1 HOLLYWOO 
“Hollywoo” è, al contrario di quello che esprime musicalmente, uno dei pezzi più  scuri che ho scritto per questo album. Volevo restituire uno spaccato di vita, il  ritratto di una solitudine, quella di chi spesso da fuori sembra avere tutto o  comunque molto più di altri ma poi si trova a fare i conti con sé stesso. La  canzone nasce da un sentimento che io stessa ho vissuto. Rapportandomi a nomi molto più grandi del mio, immaginandone le problematiche, le insicurezze, gli  spazi enormi in cui dovevano stare da soli, ho elaborato la mia sensazione. Tra i miei pensieri sono apparsi personaggi come Marilyn – direttamente citata nel video del brano – alla più anagraficamente vicina Amy Winehouse, ma anche a personaggi fantastici come Bojack di cui abbiamo un po’ ricreato la sigla.  Insomma, tutti quei nomi un po’ maledetti che per colpa di questa solitudine  spesso ci hanno lasciati prima del tempo o sono diventati quello che non  avrebbero mai voluto essere. Nella canzone vagano, assieme a piccoli momenti  autobiografici, i fantasmi di questi personaggi. 

2 IL GIARDINO DEL TORTO  
Il giardino del torto è quel posto dove sei totalmente te stesso, con tutto lo schifo e con  tutta la bellezza che ti porti dentro. Non tutte le persone posso entrarci, solo quello come te, quelle tutte storte ma vive. Non importa quando, non importa dove, lì ci si torna  sempre, come fosse uno stato d’animo condiviso, una stanza in cui togliersi le maschere  ed essere i mostri che ci portiamo dentro. Non necessariamente in senso negativo, anzi,  più in senso liberatorio. Perché ci sono persone con le quali non serve, persone che hanno visto la tua zona cieca  e che ti hanno mostrato la loro, con le quali magari non è sempre possibile starsi vicino per quanto fa male, ma che avranno sempre una sedia per te nel loro giardino del torto. 

3 MOSTRI
Davvero dell’altro ci fa paura la diversità o spesso è proprio ciò che in loro riconosciamo di noi, a spaventarci? Quando tu sei il nemico di te stesso e non puoi fidarti delle tue sensazioni, chi sono i mostri di cui avere paura? È difficile fare entrare qualcuno nella propria vita, ancora peggio lasciare che veda quello che di noi ci spaventa, quello che cerchiamo di nascondere anche allo specchio. Cosa vuoi tu da me? Come puoi pensare di volermi nella tua vita? Chi ti dà il diritto di farmi stare bene se tanto poi te ne andrai? Così ci complichiamo i rapporti, perdiamo chi vorremmo tenere vicino mettendolo costantemente alla prova, li bombardiamo coi nostri difetti e scappiamo davanti all’amore, quello vero, quello che poi ti porta a impegnarti. E poi mandiamo i messaggi la notte, quando bisognerebbe dormire e invece ci chiediamo come fai? Come fai a spingermi sulla soglia delle mie paure? Come fai a farmi venire voglia di buttarmi nel vuoto dicendomi che ci saranno le tue braccia a prendermi? Perché siamo noi i mostri, siamo rivali, perché siamo soli e siamo uguali.

4 MALEDETTA  
Era fine estate, sul tappeto dove sono cresciuta a casa di mia madre. Non  scrivevo da un mese, immagazzinavo vita, paesaggi, salsedine, sorrisi,  persone, volti amici, vita. Fuori dalla veranda, il mondo al tramonto. Dentro,  alcune delle persone a cui tengo di più. Ho pensato a tutte le volte che ci si delude senza farsi male, ai cambiamenti necessari, a quanto poco ci  conosciamo, al falso mito della coerenza che spesso è una scusa per non  saltare nel vuoto, a come la vita mi ricordi un treno sul quale qualcuno  scende e qualcuno sale, ma senza fermate, anzi, solo una, si spera il più  lontano possibile. Sono cambiata tanto in questo lungo silenzio, quanto mi è  servito lo capisco solo ora”, prosegue la cantautrice, che aggiunge: “Ho plasmato la rabbia in determinazione, il rumore in vento leggero, distorto  quanto basta. Più di tutto ho trovato la voce che ha il mio viso di oggi e l’ho usata tutta, senza paura di parlare piano”. “Maledetta sono io, maledetta sei  tu, maledetti siamo noi ogni volta che portiamo qualcuno al limite, senza  superarlo, sapendo chiedere scusa. 

5 SUPEREROI 
La quotidianità dell’amore è un tema poco esplorato ma in realtà ricco di spunti. Di questo parla “Supereroi”, proprio perché non lo siamo, anzi, forse siamo l’esatto  opposto. Parla della fatica di lavorare su una relazione, dei piccoli compromessi che si fanno, delle  cose che non si dicono e di quelle che non ti stanchi mai di ripetere. Come una partita a carte lunga tutta la vita.  

6 ANIMA IN PIENA
Per gli affezionati ai vecchi album, questa è la conclusione della storia che a lungo vi ho raccontato. È lo spazio in cui, alla fine, se ci credi davvero nel rapporto con una persona, può prendere una forma nuova e solida. È un guardarsi negli occhi e dirsi: siamo stati bravi, siamo stati veri, siamo stati, saremo. L’ho scritta in venti minuti in studio, cosa che non ho mai fatto, dopo una doccia di consapevolezze, mettendo insieme ricordi e nuove sensazioni. L’ho suonata a Marco e Ramiro, abbiamo pianto tutti e l’abbiamo registrata subito. Sapevo di avere in mano un pezzo importante per l’album, quello che idealmente chiude il cerchio, non avevo questa sensazione da “Non Ballerò”. Sul finale, la voce rotta è proprio perché non ho ancora imparato a non emozionarmi troppo nel cantarla, ma lo abbiamo tenuto così.

7 GILDA  
È una vita che che mi sento dire da mia madre: tu sei Gilda, Gilda del film!  
Non aveva torto, in effetti, mi ci è voluta mezza vita a capirlo. A capire quanto avessi  lasciato che fossero gli uomini della mia vita – da mio padre in poi – a determinare in  qualche misura chi fossi, cosa mi spettasse e cosa no. Così l’amore è sempre stato una  prova di forza, un esame di maturità, qualcosa da cui difendersi e che comunque non ti  spetta. Un copione, che avevo imparato a recitare e che nello schifo che faceva era anche  diventato una comfort zone. Sarà stata la terapia? Sarà stato che il mio mondo ad un certo punto è crollato e ho  dovuto ricostruirlo? chissà. Ma ho capito che so chiedere scusa, ma non devo farlo anche  quando mi feriscono. Che ho pazienza, ma non posso lasciare che diventi il tempo la mia  unica speranza. Ho imparato a non aver paura del mio corpo, ad averne invece cura, così  come tutte quelle cose che odiavo di me, iniziano a diventare le uniche certezze che ho.  E allora, cari voi, datemi tutta la colpa, io me la prendo, ballerò sorridendo e vi lascio  anche pensare di essere stupida. Non voglio più che convincere qualcuno del mio valore  diventi la priorità della mia vita.  

8 COSE PICCOLE 
Buffo che una canzone che parla di ambulanze sia stata scritta prima del covid, eppure è così. Ero sul balcone di casa dei miei, felice, leggera, di notte quando tutti dormivano. È  passata questa ambulanza e ho pensato a come si sentono i genitori quando i figli sono  fuori la sera, quando non tornano e sentono le sirene. Forse ho capito quanto il cuore si  riempie al contrario, nel sapere che stanno tutti bene. E in quel momento tutte le persone  care le sapevo al sicuro e ho sentito un forte senso di pace. Mi sono anche accorta che finalmente mi sentivo di nuovo me stessa, il buco nero era  finito, le cose stavano tornando al loro posto e potevo dire grazie solo a me stessa, alla  forza che ci ho messo per ripartire e alle persone che ho scelto di includere nel mio nuovo  viaggio. Così ho trovato pace nelle cose piccole.  

9 SUCCESSO  
“Successo” è il mio dissing alla discografia, che tanto ancora deve imparare sull’arte. 
Esterna con ironia la ciclica frustrazione di chi, come me, vive e lavora nel mondo della musica, che ho scoperto non essere solo mio ma un sentimento condiviso che, ogni tanto, viene a bussare alle nostre porte. Ma questa canzone racconta anche  tanto altro: col tempo mi sono accorta che parla di così tante cose che sarebbe riduttivo dare una chiave di lettura unica. Altre dinamiche, fatti di cronaca, politica, storie di mille persone, di rapporti, di sogni. ”Successo” è semplicemente una fotografia di quello che ho attorno, quello che ho visto in questi ultimi anni, quello che accade nel mio mondo e oltre. Vorrei che fosse il manifesto di chi lavora con tenacia a testa alta, di quelli che non mollano mai nonostante le difficoltà.

10 TEMPESTA  
“Tempesta” rende l’idea di quello che sono. Scritta quattro anni fa, una notte in cui mi sono  svegliata di colpo e ho capito che mi ero chiusa in una gabbia dorata, fatta di bugie che  raccontavo a me stessa. Al mio fianco la persona con cui condividevo un pezzo di strada che  inevitabilmente doveva dividersi. Non c’era più niente da darsi.   “Tempesta” non parla di lui, parla di me e di tutte le mie componenti, dei momenti di immobilità e  di quelli di piena, di questo mare in tempesta che travolge tutto e tutti.  
Questa è la mia libertà. 

11 QUELLO CHE VI LASCIO  
Unico pezzo scritto durante il lockdown ma soprattutto in una giornata nera come la pece.  Forse per questo è diventato il mio preferito, quello più sincero che ho scritto. Penso che la chiave, l’interlocutore con cui parlo, sia proprio il tempo. Il mio. Che ho scoperto non  essere infinito. Allora mi chiedo, e ci passo le notti, cosa sto lasciando? Se sto facendo abbastanza. Quanto di quel tempo che mi sono rubata è andato davvero perso e quanto invece  serviva solo ad arrivare qui.  

SCORE: 6,90

DA ASCOLTARE SUBITO

Il Giardino del torto – Mostri – Anima in piena 

DA SKIPPARE SUBITO

Gilda – Cose Piccole 

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

2016 – La giusta distanza
2017 – Siamo tutti stanchi
2021 – Mostri

VIDEO 

WEB & SOCIAL 

 

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