Recensione: HALSEY – “The Great Impersonator”

Recensione: HALSEY – “The Great Impersonator”

“The Great Impersonator” segna per Halsey il capitolo sonoro più significativo e ambizioso del suo percorso musicale.

Pubblicato in un periodo di sfide personali, segnato da problemi legati alla sua salute, alla separazione e alla chiusura di un contratto discografico, l’album è sia una riflessione sul suo passato che un’esplorazione profonda delle sue circostanze attuali.

Un’ora di musica che diventa quasi un artefatto di qualcuno che non è sicuro di vivere abbastanza per fare un altro disco. Diciotto canzoni dense di riflessioni che partono dai primi giorni della sua carriera, attraversano il turbine che ne è seguito e culminano nella saggezza esistenziale che emerge quando ci si sente vicini alla morte.

La resilienza e la vulnerabilità emotiva di Halsey sono al centro dell’impianto lirico mentre affronta temi pesanti come la mortalità, l’abbandono e la malattia mentale. Halsey alterna momenti di tristezza e introspezione a momenti di leggerezza, che alleggeriscono il carico emotivo.

Dal punto di vista musicale, Halsey attinge direttamente dalle sue più grandi fonti d’ispirazione. Ogni canzone è una sorta di omaggio a un’altra interprete, filtrato attraverso il suo stile di scrittura. Si spazia dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni 2000. All’interno dell’album, si possono cogliere riferimenti a Dolly Parton (“Hometown”), Fleetwood Mac degli anni ‘70 (“Panic Attack”), Bruce Springsteen degli anni ‘80 (“Letter to God (1983)”), Oasis, Third Eye Blind (“Ego”), Portishead (“Arsonist”) e Björk (“The Great Impersonator”) degli anni ‘90, fino a riferimenti del 2000 che spaziano da Britney Spears (“Lucky”) a Deftones (“Lonely is the Muse”) fino ai Postal Service.

In un mondo in cui l’autenticità sembra spesso sacrificata sull’altare della commercializzazione, “The Great Impersonator” emerge come un atto di coraggio artistico.

Halsey non solo celebra le sue influenze e le interpreta in modo camaleontico ma invita a riflettere sulla propria identità e sul significato della crisi e dei momenti più bui della vita usando la musica come faro di speranza e futuro. 

SCORE: 7,50

Only Living Girl in LA – Voto 7,00
Ego – Voto 7,50 
Dog Years – Voto 7,75
Letter to God (1974) – Voto 7,50
Panic Attack – Voto 8,00
The End – Voto 7,00
I Believe in Magic – Voto 7,00
Letter to God (1983) – Voto 7,50
Hometown – Voto 7,00
I Never Loved You – Voto 7,00
Darwinism – Voto 7,00
Lonely is the Muse – Voto 7,00
Arsonist – Voto 7,75
Life of the Spider (Draft) – Voto 7,50
Hurt Feelings – Voto 7,50
Lucky – Voto 7,50
Letter to God (1998) – Voto 7,50
The Great Impersonator – Voto 8,00

I VOTI DEGLI ALTRI 

Nme – Voto 10,00
Variety – Voto 9,30
Kerrang! – Voto 8,00
The New York Times – Voto 8,00
Rolling Stone – Voto 8,00

DA ASCOLTARE SUBITO

Panic Attack – Arsonist – The Great Impersonator

DA SKIPPARE SUBITO

Nulla. Funziona bene e ti accompagna nell’ascolto 

TRACKLIST

DISCOGRAFIA

2015 – Badlands
2017 – Hopeless Fountain Kingdom
2020 – Manic
2021 – If I Can’t Have Love, I Want Power
2024 – The Great Impersonator

VIDEO 

WEB & SOCIAL

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