Recensione: i cani – “post mortem” [Traccia per traccia]
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Il progetto i cani è un po’ come un oggetto del desiderio.
Il ritorno (a sorpresa) della band-non-band di Niccolò Contessa, a nove anni di distanza dal disco precedente è diventato un evento per la musica indie italiana (secondo alcuni addirittura Il disco più atteso del millennio).
Contessa dà vita a un’opera che respira di autenticità e valore. Un disco che sa di preciousness — un oggetto raro e prezioso, costruito con pazienza e dedizione, ma anche con una forza dirompente e impetuosa.
In questo lavoro, emerge una notevole maturità compositiva. Non siamo più di fronte al Niccolò Contessa che esplorava le turbolenze adolescenziali e quelle inquietudini da post-adolescente; l’artista, ora vicino ai quarant’anni, appare più centrato, ma non meno visionario. Le canzoni dell’album sono dense di significato, spesso intime e riflessive, ma non rinunciano a momenti di potente vitalità. Un equilibrio perfetto tra la leggerezza dell’introspezione e la forza espressiva tipica della sua scrittura.
Il disco, prodotto da Contessa insieme ad Andrea Suriani (che si è occupato anche del mix e del master), si distingue per la sua essenzialità. Senza fronzoli o logiche di mercato, I Cani tornano con un lavoro che punta tutto sulla qualità della musica, lontano da immagini prefabbricate o tendenze imposte. Le canzoni sono costruite con attenzione e pazienza, ma allo stesso tempo cariche di energia. La scelta di non sovraccaricare il disco di produzioni complesse, ma di lasciare ampio spazio alla voce e agli strumenti, ne fa un lavoro decisamente autentico e intenso.
L’album è una continua alternanza tra momenti di grande potenza emotiva e passaggi più riflessivi e intimi.
La questione amletica finale è: Niccolò Contessa c’è o questo è il suo capitolo finale? Sebbene il futuro sia incerto, ciò che conta è che i cani sono tornati con un disco che non ha paura di affrontare la realtà, che sa guardarsi dentro e sa raccontare la propria evoluzione.
Non ci sono risposte definitive, ma solo una certezza: questo album è un ritorno significativo, non solo per la band, ma per la musica indie italiana in generale.
TRACCIA PER TRACCIA
1. io
Una litania interrogativa che si rivolge al “sé” come a un estraneo. Il brano smonta l’identità attraverso una serie di accuse senza destinatario preciso, come se la coscienza fosse diventata un’aula di tribunale.
2. buco nero
Un ritratto surreale del quotidiano, in cui la banalità si trasforma in abisso. Le regole sociali diventano costrizioni grottesche e il “buco” sotto al vestito è un’immagine di vuoto esistenziale più che un’allusione.
3. colpo di tosse
Qui la canzone pop si decostruisce: basta un colpo di tosse, un lampo o un rimpianto per generare un testo. Il brano è una sorta di filastrocca con una chitarrina alla Smith. Un inventario emotivo in forma di ritornello, tra l’ironia e la resa.
4. davos
Una panoramica su un’umanità dispersa: chi va in guerra, chi in vacanza, chi predica, chi traffica. Il titolo evoca il forum del potere globale, ma la narrazione si concentra su gesti minimi, contraddittori, umani. Musicalmente mi ricorda qualcosa di Beck nella forma e nella struttura.
5. colpevole
Una riflessione sul senso di colpa permanente che accompagna i gesti più semplici. L’ironia è sottile, quasi sommessa: anche mangiare fuori o regalare una monetina diventa colpa.
6. f.c.f.t.
Sigla che suona come un acronimo di una nuova religione sociale. La canzone è una satira della normalità performativa: fare come tutti, dire quello che si deve dire, accontentare tutti. Ma la malinconia resta sottotraccia e tutto intorno ci sono sonorità post punk .
7.post mortem
Strumentale. Intensa, densa, drammatica. Quasi un requiem appunto post mortem!
8. felice
Il titolo è un inganno: la felicità è un miraggio in un paesaggio kafkiano, costellato di fallimenti, disfunzioni, autosuggestioni. Il riferimento a Kafka e Felice Bauer non è solo letterario: è emotivamente puntuale. A contorno una batteria battente quasi new wave.
9. nella parte del mondo in cui sono nato
Un elenco sincopato spietato di verità scomode. Tra autofiction e analisi socioculturale, il brano è una radiografia impietosa del privilegio occidentale e del suo vuoto narrativo.
10. madre
Forse il brano più poetico del disco: una figura materna diventa archetipo ciclico di nascita, perdono, abbandono. Il tono è da mito personale, tra misticismo e infanzia, il tutto musicato quasi funk.
11. carbone
Una relazione sentimentale raccontata come combustione lenta. L’amore si consuma in silenzio, senza gesti eclatanti, nell’indifferenza reciproca. Due sconosciuti che si ostinano a chiamarsi amore.
12. buio
Un brano sull’ansia, sulla paura del fondo, del vuoto. Una chitarra tirata e dei synth in lontanaza fanno intravedere un’immagine claustrofobica della vita domestica e di un’esistenza che evita sempre il fondo per non vedersi davvero.
13. un’altra onda
Chiude il disco con un’immagine ambivalente: l’onda che travolge e poi lascia respirare. È una metafora della vita e del trauma, ma anche della volontà di rialzarsi e, quasi con ostinazione, desiderarne ancora.
DA ASCOLTARE SUBITO
io – buco nero – felice
DA SKIPPARE SUBITO
43 minuti intimi, sofferti, attenti, da ascoltare.
SCORE : Voto 8,00
io – Voto 8,00
buco nero – Voto 7,50
colpo di tosse – Voto 7,50
davos – Voto 7,00
colpevole – Voto 7,50
f.c.f.t. – Voto 7,50
post mortem – Voto 7,50
felice – Voto 8,00
nella parte del mondo in cui sono nato – Voto 7,75
madre – Voto 7,75
carbone – Voto 7,75
buio – Voto 7,75
un’altra onda – Voto 7,75
TRACKLIST
DISCOGRAFIA
2011 – Il sorprendente album d’esordio de I Cani
2013 – Glamour
2016 – Aurora
2025 – Post mortem