Recensione: MERCURY REV – “Born Horses”

Recensione: MERCURY REV – “Born Horses”

Basta il brano di apertura di questo “Born Horses per immergersi nel nuovo sogno dei Mercury Rev, l’ennesima esperienza sonora, sensoriale e spirituale.

Gli oltre sette minuti di Mood Swings, con una tromba che evoca i mariachi bohémien e il terreno spazzato dal vento della prateria desertica, mettono in mostra tutta la virtù sonora fatta di una continua, scintillante ricerca psych-jazz-folk-baroque-ambient, che evidenzia la sofisticata strumentazione del gruppo, offrendo al contempo una nuova prospettiva poetica.

Un suono ricco, attento, minuzioso, tra l’organico e l’elettronico. Chitarre, tastiere, ottoni, archi, fiati, tamburi, e la voce incantata che attinge a flussi di coscienza che allo stesso modo si agitano e scorrono. Una mistura densa, cinematografica, basata su orchestra, mescolata a suoni ambientali e colorata da voci parlate e sussurrate.

Quando Jonathan e io (Grasshopper) ci siamo incontrati per la prima volta, una cosa che ci ha legato è stata Blade Runner, sia il film di Ridley Scott che la colonna sonora di Vangelis: quella sensazione di passato e futuro, l’inquietante atmosfera noir e il romanticismo del futuro… Born Horses attinge a qualcosa di tutto questo.
Ripensando all’infanzia, alle melodie di Broadway, al blues solitario, a Chet Baker, agli Sketches of Spain di Miles Davis, ai dischi che ascoltavano i nostri genitori, noi abbiamo dato una svolta al futuro.

Fin dall’inizio, i Mercury Rev erano su un crinale, tra analogico e digitale, hi-fi e lo-fi allo stesso tempo. Era come Brecht o Weill: le parole suggerivano immagini e le immagini suggerivano stati d’animo.

Abbiamo anche pensato molto al deserto in questo disco, e al deserto urbano.

E proprio queste atmosfere sospese, romantiche e noir, tra digitale e lo-fi, tra shoegaze e realismo magico, si percepiscono in tutti gli otto brani del disco.
Difficile scegliere il preferito: ognuno ha la sua perla onirica all’interno, dove Jonathan Donahue narra, piuttosto che cantare, le canzoni.

Dal punto di vista lirico, è un disco cupo, lacerato, pieno di perdite – perdite di qualcosa di importante – ma che al tempo stesso diventa un viaggio terapeutico di esplorazione, nel tentativo di comprendere gli stati d’animo in continua evoluzione.

Un disco che, ogni volta che lo si ascolta, convince sempre di più. Un disco da amare e custodire.
Ancora una volta, i Mercury riescono a plasmare i sogni!

DA ASCOLTARE SUBITO

Mood Swings – Born Horses – Everything I Thought I Had Lost 

DA SKIPPARE SUBITO

Un viaggio onirico da vivere nella sua complessità senza skippare nulla! 

SCORE: 8,50

1. Mood Swings – voto 8.50 
2. Ancient Love – voto 8.00 
3. Your Hammer, My Heart – voto 8.00
4. Patterns – voto 8.00
5.A Bird Of No Address – voto 7.50
6. Born Horses – voto 8.00
7. Everything I Thought I Had Lost – voto 8.50
8. There’s Always Been A Bird In Me – voto 7.50

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

1991 – Yerself is Steam
1993 – Boces
1995 – See You on the Other Side 
1998 – Deserter’s Songs 
2001 – All Is Dream 
2005 – The Secret Migration
2008 – Snowflake Midnight
2015 – The Light In You 
2019 – The Delta Sweete Revisited
2024 – Born Horses

IL VIDEO 

WEB & SOCIAL

instagram.com/themercuryrev

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