Recensione: THE KILLERS – “Pressure Machine”

Recensione: THE KILLERS – “Pressure Machine”

Arriva a un certo punto della carriera di un artista o di una band la necessità di tracciare un linea e raccontare le proprie origini, la propria provincia, la propria adolescenza. Questo è il caso di “Pressure Machine”, album numero sette di Brandon Flowers e soci. 

Quando la pandemia di Covid-19 ha interrotto la promozione e il tour mondiale per l’album del 2020, “tutto si è fermato”, dice il frontman Brandon Flowers. “Ed è stata la prima volta dopo tanto tempo che mi sono trovato di fronte al silenzio.  E da quel silenzio questo disco ha cominciato a fiorire”. 

“Pressure Machine” è uno sguardo nella realtà quotidiana di una piccola città americana con una bellezza dura e spoglia, è l’album più sobrio e profondo dei Killers.

Un disco quasi come se i Killers volessero essere Bruce Spingsteen e realizzare una sorta di “Nebraska” ambientato nei luoghi dell’infanzia della band e in particolare a nella città natale di Flowers, Nephi nel Utah. Un piccolo borgo di 5300 persone senza semafori, con una fabbrica di gomma, campi di grano e le West Hills.  Nephi è il luogo in cui Flowers ha trascorso i suoi anni formativi (10-16). Le canzoni dell’album sono basate sui ricordi e le storie delle persone che hanno avuto un impatto sulla sua crescita, intervallate da commenti degli attuali abitanti di Nephi sulla loro città. 

Stavamo discutendo del fatto che [Brandon si era trasferito a Nephi da bambino ed era bloccato in mezzo al nulla“, dice il batterista della band, Ronnie Vannucci Jr. “E durante il Covid-19, ha iniziato a sembrare che fossimo tutti in mezzo al nulla”

Ho scoperto questo dolore che non avevo affrontato”, racconta Brandon  “molti ricordi del mio periodo a Nephi sono teneri. Ne sono più consapevole ora di quando abbiamo iniziato come band, e spero di essere stato in grado di rendere giustizia a queste storie e a queste vite di questa piccola città in cui sono cresciuto“.

Dimenticatevi i luccichii di Las Vegas, il post punk e le atmosfere sfarzose, dimenticatevi Human o MrBrightside che hanno caratterizzato i precedenti capitoli della storia sonora della formazione. I synth e le atmosfere anni ottanta sono rimpiazzati da armonica, steel guitar e violino il tutto a supporto dalla voce profonda e intensa di Brandon. 

Undici canzoni intime, scarne dove sono raccontati svariati personaggi vissuti da Brandon nella sua adolescenza. Il sogno americano, l’orgoglio, la vita reale, i rimpianti, le tragedie locali, le storie di droga e di vita di frontiera difficile.  Flowers canta delle scelte che le persone fanno, nel bene e nel male, e delle conseguenze di queste scelte; quelle che sono state lasciate indietro, e quelle che non possono essere dimenticate. 

Springsteen aleggia sia musicalmente, ma anche sotto forma di scrittura e non è un caso che la band abbia di recente realizzato un brano proprio con il boss Dustland. 

L’immagine di copertina dell’album Pressure Machine è stata scattata sull’autostrada appena fuori Nephi, del fotografo Wes Johnson.  

Un disco che magari può deludere i fan più glam dei Killers ma senza dubbio è un disco che catturerà i favori di tanti appassionati di un certo tipo di ballad più tradizionale. 

Personalmente non sarà un disco dei miei preferiti, tanto meno nei miei prossimi ascolti. Forse mi annoia un po’ ma è un giudizio soggettivo, quando oggettivamente ci troviamo davanti ad un ottimo album, indispensabile per la pienezza della discografia di una band come i The Killers. 

SCORE: 7,25

DA ASCOLTARE SUBITO

West Hills (forse l’unica canzone nella quale ci ho letto reminiscenze alla Echo and the Bunnymen) – Quiet Town – In The Car Outside 

DA SKIPPARE SUBITO

Cody – Desperate Things

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

2004 – Hot Fuss
2006 – Sam’s Town
2008 – Day & Age
2012 – Battle Born
2017 – Wonderful Wonderful
2020 – Imploding the Mirage
2021 –   Pressure Machine

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