Recensione: THE MURDER CAPITAL – “Blindness”

Recensione: THE MURDER CAPITAL – “Blindness”

Per i The Murder Capital, questo terzo disco rappresentava una sfida cruciale.

Dopo l’impressionante “Gigi’s Recovery”, che li aveva consacrati tra le promesse più luminose del post-punk contemporaneo, le aspettative erano altissime per vedere se la band dublinese potesse in qualche modo affiancarsi ai concittadini Fontaines D.C. 

Il frontman James McGovern aveva definito “Gigi’s Recovery” come “un disco sovrascritto” e aveva espresso il desiderio di creare brani che “pisciano fuori dal vaso”. Il risultato è “Blindness”, un album dal forte senso geografico, nato da una band sparsa tra Irlanda, Londra ed Europa, ma forgiato nell’energia febbrile di tre settimane di sessioni a Los Angeles. La produzione di John Congleton, già al timone del precedente album, ha puntato tutto sulla spontaneità: nessuna demo, niente stratificazioni, solo la ricerca di una freschezza essenziale.

L’album si apre con Moonshot, un proiettile sonoro che potrebbe trarre in inganno e dare l’impressione sbagliata di un album pieno zeppo di energici banger post-punk.
Words Lost Meaning è un pezzo forte, cupo ma perfettamente orecchiabile e incarna il cuore oscuro del disco: una linea di basso sinuosa, chitarre dense come fumo, tastiere inquietanti che si intrecciano in una melodia ipnotica. Can’t Pretend To Know, uno dei singoli e uno dei miei brani preferiti, rilancia con un vortice di chitarre affilate e ritmiche martellanti.

A Distant Life introduce una digressione indie rock che, seppur gradevole, spezza il flusso del disco.
Born Into The Fight
oscilla tra introspezione e tensione esplosiva, senza trovare un equilibrio definitivo. Love Of Country è un affresco di oltre sei minuti registrato in presa diretta: un manifesto asciutto sul confine sottile tra patriottismo e nazionalismo, con McGovern in stato di grazia lirica.

Il disco prosegue con The Fall un inno convulso, una corsa adrenalinica in cui le chitarre si muovono tra impeti caotici e sobrietà chirurgica. Death Of A Giant, tributo a Shane MacGowan, è un ritratto evocativo che tuttavia si ferma sulla soglia della vera profondità emotiva.

Le ultime tre tracce dell’album si adagiano in una dimensione sempre più rarefatta. Swallow introduce riflessi psichedelici delicati, mentre That Feeling si muove tra riverberi instabili e, chitarre che echeggiano alla Cure, batterie new wave e un cantato sospeso tra nichilismo e affermazione esistenziale. Trailing A Wing chiude il disco con un senso di compiuta decadenza, lasciando l’ascoltatore sospeso in una bellezza disarmante.

Ogni nuovo ascolto di “Blindness” ne svela nuovi dettagli, strati nascosti che riaffiorano come frammenti di memoria. Un lavoro che si allontana dall’urgenza immediata del post-punk per abbracciare un’oscurità meditativa, un percorso meno prevedibile ma più necessario.

DA ASCOLTARE SUBITO

Can’t Pretend To Know – Love Of Country – That Feeling

DA SKIPPARE SUBITO 

Assolutamente nulla. In loop di continuo.

SCORE: 8,00

Moonshot – Voto 7,75
Words Lost Meaning – Voto 8,00
Can’t Pretend To Know – Voto 8,50
A Distant Life – Voto 7,50
Born Into The Fight – Voto 8,00
Love Of Country – Voto 8,00
The Fall – Voto 7,75
Death Of A Giant – Voto 7,50
Swallow – Voto 7,50
That Feeling – Voto 8,00
Trailing A Wing – Voto 8,00

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

2019 – When I Have Fears
2023 – Gigi’s Recovery
2025 – Blindness

WEB & SOCIAL 

themurdercapital.com

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