Recensione: THE MARS VOLTA – “The Mars Volta”
Dopo sette dischi, dieci anni di pausa, innumerevoli cambi di formazione, The Mars Volta scrivono un nuovo capitolo. Partendo però da una certezza: il loro nome, che è anche il titolo dell’album, uno statement per dire a tutti che sono tornati.
Ci sono ritorni che valgono tutto il tempo dell’attesa. E mentre il mondo segue le sue intricate evoluzioni e nuovi artisti si affacciano sulla scena musicale lasciando un’impronta, sempre più raramente indelebile e molto più spesso evanascente, ci sono quei nomi che risuonano nella memoria musicale nonostante il silenzio che li tiene per anni in disparte. Per The Mars Volta, l’eco ha ricominciato a diffondersi nell’aria con maggiore insistenza da agosto, mese in cui è stata annunciata l’uscita del loro album omonimo, il settimo dopo 10 anni di assenza loro e di speranza nostra.
Che The Mars Volta godano di un passato turbolento è cosa nota. “Instabilità” potrebbe essere la parola che meglio di altre ne riassume l’evoluzione: la formazione ha subito sin dalla sua nascita numerosi andirivieni, transizioni, passaggi e ripassaggi, abbandoni e ritorni, progetti paralleli, slanci in avanti e salti nel passato. La loro musica, in qualche modo, ne ha pagato le spese, ma in positivo: sembra che tale incessante viavai abbia contributo a dare una solida identità al gruppo statunitense. Sarà sicuramente merito del suo zoccolo duro, il nucleo fondante composto da Cedric Bixler Zavala e Omar Rodríguez-López, che seppur minacciati varie volte da crisi, rotture, decessi e pause di riflessione, The Mars Volta sono ancora qui.
La domanda che viene in mente è: nonostante le speranze, le attese, i ricordi e un album irreplicabile come “De-Loused in The Comatorium, quello che ce li ha fatti conoscere e amare perdutamente, ha senso per una band che aveva messo un punto riaprire quella pagina, andare a capo e ricominciare? E soprattutto, farlo con un album che ad un primissimo ascolto può risultare abbastanza distante – e quindi spiazzante – dai sei già pubblicati? La risposta è sì, si può, si deve. Soprattutto per una band che già per definizione si è lasciata influenzare dai generi più disparati – punk, prog, dub, salsa – e che ha sempre fatto della sperimentazione e della libertà il suo marchio di fabbrica.
Ed eccoci arrivati alla seconda parola chiave, dopo “instabilità”: “libertà”. Ed è proprio in virtù di questo valore che The Mars Volta oggi si prendono il lusso di offrire un disco che con tutta probabilità desidera incontrare anche le nuove generazioni – non per niente, è spezzato in brani brevi e dura solo 44 minuti, contro l’ora e un quarto di Bedlam in Goliath o Francis The Mute, in perfetta sintonia con le esigenze discografiche attuali. Un lavoro che risulta sicuramente meno “difficile” di quelli passati, forse addirittura più commerciale, orecchiabile, adattabile a situazioni e stati d’animo più ordinari, ma non per questo da relegare in fondo alla classifica.
“The Mars Volta” è il disco dei vent’anni, e quello che conta è che abbia riaperto una finestra musicale che da tempo eravamo in attesa di spalancare. L’affaccio: se guardate bene, il paesaggio è cambiato, ma è anche quello di sempre.
SCORE: 7,00
TRE BRANI DA ASCOLTARE SUBITO:
Vigil – Equus 3 – No Case Gaine
TRE BRANI DA SKIPPARE SUBITO
Nessuno!
QUOTES:
(Vigil)
TRACKLIST
DISCOGRAFIA
2003 – De–Loused in the Comatorium
2005 – Frances the Mute
2006 – Amputechture
2008 – The Bedlam in Goliath
2009 – Octahedron
2012 – Noctourniquet
2022 – The Mars Volta
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