Recensione concerto: VASCO ROSSI nessuno come lui [Gallery e Scaletta]

Recensione concerto: VASCO ROSSI nessuno come lui [Gallery e Scaletta]

Quello che fa impressione per questo nuovo tour di VASCO ROSSI, sono i numeri sbandierati con un’esultanza assolutamente giustificata, perché nessuno come lui in Italia può vantare queste cifre.

Vediamo allora questi numeri: una “residency” di 7 volte (7 sold out) a San Siro (stadio dove è stato 36 volte dal 1990 ad oggi – solo nel 2022 ha tradito la struttura per il vicino ippodromo). In totale i biglietti staccati sono oltre 2 milioni e mezzo. Per questo tour anche 4 date (manco a dirlo Sold out) allo stadio San Nicola a Bari.

Ah! Per l’occasione ha avuto anche, vista la defezione di Springsteen, il compito di aprire le porte dello stadio milanese al pubblico dei concerti per la stagione 2024.

Vasco è un fenomeno, uno che raccoglie consenso intergenerazionale e basta guardarsi intorno a questa calda e (finalmente) asciutta serata di tarda primavera. In attesa ai cancelli c’è una varietà incredibile di pubblico: minori accompagnati (alcuni molto minori), minori non accompagnati, per arrivare a un pubblico adulto, molto adulto. Stimati professionisti/e, imprenditori, operai, precari: tutti sono affascinati dal Blasco. E da ogni parte d’Italia: si vedono bandiere della Sicilia e della Sardegna sparse, si sentono accenti e dialetti diversi, anche di zone lontane da Milano. Da giorni (come d’abitudine) qualcuno si è accampato davanti allo stadio con le tende per avere un agognato posto in transenna, per poter avere vicino il proprio idolo, sperare di poterlo almeno sfiorare, soddisfacendo il sogno di una vita.

Ma è sempre così: il “popolo” di Vasco è fatto di passione, di condivisione, di amore incondizionato e per lui qualcuno passa sopra a disagi e difficoltà, a volte mettendo anche mano al portafoglio.

In un concerto così, nel concerto, nel concerto del Komandante, c’è anche la parte rituale, quella della condivisione, che richiede i suoi momenti e ha le sue esigenze. Tutti insieme a godere del Vasco è il “comun denominatore” che aleggia sullo stadio.

Alle 20 45, con ancora la luce quando si aprono le danze. Il palco è enorme (e anche questo poteva essere essere differente?) sulla parte centrale degli schermi batte un cuore a cui ci sono connessioni neuronali e capillari, il tutto con un grande simbolismo. E Vasco si presenta al pubblico salendo con una piattaforma dalle profonde viscere dell’imponente struttura.

Dopo “Asilo Republic” Vasco saluta il pubblico (sono poche le parole che dice nella serata): “Sempre qui lucidi, vivi e sani. Siamo qua per fare del rock e voi per vedere lo spettacolo più potente dell’universo”

Introduce “Gli spari sopra” così: ”dedicatissima a tutti i farabutti che governano questo mondo.” E con un’inizio tutto segnato dalla chitarra di Stef Burns (ma ci sono anche i fiati ben presenti) si arriva a “Quanti anni hai” per incontrare la prima ballatona.

Con “Vivere senza te” si ritorna al rock con i chitarroni belli pesanti e il sax che fa bella mostra di sé. In complesso gli arrangiamenti ben si adattano alla situazione di uno stadio. Suoni robusti, muscolari, con una forte pressione sonora e una buona qualità audio.

Con “Bollicine” e il suo ritmo ci si diverte, si ritorna agli anni ’80 e nella parte iniziale cita Francesco Salvi (“C’è una macchina da spostare”). Ma è su “Jenny è pazza” (un amato ritorno in scaletta) che Vasco fornisce una convincente performance interpretativa (arrivando sino alle lacrime), facendo il paio con l’immediatamente successiva “Sally”, cantata dal pubblico che al termine urla di soddisfazione. In effetti due brani di grande pathos e di ottima interpretazione.

Dopo le emozioni delle due passionali canzoni si torna al rock pesante, che picchia con “Domenica lunatica” con un finale in cui il gruppo si prende il suo spazio.

Si cambia atmosfera con l’intro di “Un gran bel film” (“Interludio 2024/ Echo Lake”)” affidato a un’alternanza tra fiati, una slide guitar, una elettrica e i vocalizzi della corista. Il tutto con tanta atmosfera e uno stile poco italiano. Bello anche se un po’ “riempitivo”. Una parentesi che dimostra comunque che il gruppo (per l’occasione ogni musicista si prende i suoi spazi) c’è, è presente. È un momento che Vasco concede sempre alla band, anche solo per rifiatare, ma dimostrando così di non voler essere il solo e unico protagonista della serata.

Con “Gli angeli” entriamo nel fantastico mondo delle ballate di Vasco. Quelle piene d’intensità e di sentimenti con le sue tipiche interpretazioni e i soli finali di chitarra strappa applausi.

In “C’è chi dice no” la chitarra spinge su un riffone “grattugiante” e scuro, alle soglie del metal, accompagnata da un basso cavernoso, per poi concludersi sull’immancabile assolo di chitarra nello stile architettonico/sonoro più consueto e tradizionale del pop rock italiano.

Su “Rewind” la platea femminile si esibisce più di un topless prontamente catturato dalle immagini degli schermi. “Siete belle e libere” dice Vasco alle ragazze sotto il palco e a tutte le altre.

Accolto da una grande ovazione nei bis sale sul palco Claudio “Il Gallo”Golinelli al basso per una versione di “Siamo solo noi” che esalta il pubblico e con il basso dell’amico di una vita in evidenza.

Ancora una volta Vasco non sbaglia una mossa. Band d’eccezione, arrangiamenti giusti e ricchi, un pubblico adorante (che si è costruito lui), una scaletta corretta che guarda al passato e che nel finale culla il pubblico con i classici. Uno spettacolo e una produzione (chapeau) di prim’ordine e un’acustica perfetta. Insomma cosa si può volere di più?

Il popolo di Vasco non ha niente di meglio da desiderare. La figura carismatica del cantautore resta salva, al suo “santino” si aggiunge un’altra perfetta cornice. Che questa volta è quella di un concerto robusto, rock oriented, sanguigno e incendiario. Lo stadio resta sempre la giusta e migliore condizione per i suoi (e non solo) concerti. Uno spazio che raccoglie decine di migliaia di persone ma che permette a tutti (più o meno) di vedere e sentire e di “esserci” non come gli enormi spazi (vedi Ippodromo La Maura, ma è solo un esempio, a cui aggiungere – in misura minore – RCF Arena o Parco di Monza e altri posti simili).

È nel catino sportivo che Vasco regala emozioni forti a tutti, è nello stadio (e forse in particolare San Siro) che esalta tutta la sua potenza sonora accompagnata a quella poetica. Il rocker di Zocca sembra divertirsi, anche al termine del concerto (ma è la prima data) non sembra provato anche se durante lo show si è preso delle pause tra qualche canzone e l’altra.

Insomma Vasco, così, “senza rimpianto”, conferma la sua grandezza, la sua forza e soprattutto conferma di essere (e ormai sempre lo sarà) amato dal suo (vasto) pubblico, che canta, si appassiona sino a commuoversi, pronto però a ballare, a divertirsi, ma soprattutto a condividere festosa gioia contagiosa.

Dopo oltre 2 ore e trenta di concerto arriva una conferma: in Italia nessuno come lui.

Questa sera si replica!!! 

SCORE: 9,00

LA SCALETTA

Blasco Rossi
Asilo republic
Gli spari sopra
Gli sbagli che fai
Quanti anni hai
Come stai
Vivere senza te
Bollicine
Jenny è pazza
Sally
Domenica lunatica
Interludio / Echo Lake
Un gran bel film
La fine del millennio
Gli angeli
Basta poco
C’è chi dice no
Medley: La strega (la diva del sabato sera) / Cosa vuoi da me / Vuoi star ferma! / Tu vuoi da me qualcosa / Occhi blu / Incredibile romantica / Ridere di te
Rewind
Il mondo che vorrei

Bis:
Dillo alla luna
Se ti potessi dire
Siamo solo noi
Vita spericolata / Canzone
Albachiara

Recensione di Marco Rumori per musicadalpalco.com (Clicca per leggere l’intero articolo)

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