SANREMO 2020 – ANASTASIO: “Comunque vada andrà bene”
Uno dei favoriti di questo Festival. Uno di quelli col brano più forte. Uno di quelli di cui la musica italiana aveva bisogno, che così non ce ne sono poi così tanto. Abbiamo chiacchierato con Anastasio che al Festival porta “Rosso di rabbia”.
Anastasio! Intanto complimenti per il brano. Se ti dicessi che nel ritornello mi ha ricordato molto i Subsonica? Raccontami un po’ di “Rosso di rabbia”.
Non me lo avevano ancora detto e devo dire che è un bel paragone. Il brano è un po’ criptico, non è sicuramente diretto. Parla di una rabbia sprecata, di una rabbia esibita, una rabbia che si schianta nel muro e rimane lì.
All’interno di “Atto zero”, il tuo disco che uscirà il prossimo 7 febbraio, come è inserito il brano sanremese?
“Rosso di rabbia” è un brano centrale all’interno del disco, è inserito in un contesto molto vario, sia musicalmente che come tematiche. Cercando di spaziare il più possibile, è un brano che rende bene se visto alla luce di un altro paio di brani nell’album che sono “Atto zero” e “Il sabotatore”.
Gli altri brani, invece?
Ti posso dire che c’è stata una grande ricerca nelle tematiche per non essere banale che poi è quello che per me davvero conta.
A Sanremo c’è un altro rapper che è Rancore. Temi il confronto con lui?
Io Rancore lo ascolto da quando sono ragazzino, non posso sentire il confronto con lui, è uno di quelli che mi ha un po’ formato. Abbiamo anche, se vogliamo, due stili diversi. Rancore è uno che non viene mai incontro all’ascoltatore e lo dico pensandolo come un complimento perché è quello che dovrebbe fare ogni artista. Poi compone dei tesi elaboratissimi, io forse sono un po’ più diretto di lui. A me piace il suo stile, mi piace la ricerca che c’è dietro.
Cosa pensi dello scenario rap in Italia?
Il rap in Italia non si può giudicare univocamente, ci sono tanti artisti che stanno proponendo qualcosa di fresco musicalmente e tanti altri che si concentrano molto di più sulle liriche. Per me il rap in Italia è vario e non lo giudico da quello che si sente in giro.
Ci racconti un po’ del tuo percorso dopo X Factor?
Dopo X Factor ho fatto un po’ di roba: ho fatto due tour, ho fatto il Primo Maggio, sono stato all’Arena di Verona e ho lavorato a un album, più di tutto.
(Ci “spaparanziamo” sul divano)
In questi due anni nella scena musicale hai dimostrato una capacità senza eguali di reinterpretare grandi classici italiani a tuo modo, facendoci capire che ti piace un sacco. Quanto hanno influito i classici italiani nella tua formazione?
Mi piace e lo trovo anche facile. I classici italiani sono pezzi monumentali che danno un sacco di spunti e forse proprio per questo sono diventati classici. E poi nutro grande ammirazione per questi pezzi e per i grandi maestri.
Come pensi che andrà a finire quest’sperienza a Sanremo?
(Sorride) Comunque vada andrà bene.
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Testo di Matteo D’Amico e Andrea Ferrara