Sanremo 2021: i Maneskin si sono pienamente meritati la vittoria del Festival
Non ci dimenticheremo facilmente la 71esima edizione del Festival di Sanremo, specialmente perchè a vincerla sono stati quattro ragazzi (tutti under 23) che fino a quattro anni fa erano soliti suonare lungo le vie di Roma.
I Måneskin, band composta dal cantante Damiano David, dalla bassista Victoria De Angelis, dal chitarrista Thomas Raggi e dal batterista Ethan Torchio, hanno superato le nostre aspettative con la loro “Zitti e Buoni“, un pezzo rock, sfrontato, un vero e proprio inno alla diversità, all’anticonformismo, al rifiuto dell’assimilazione e dell’omologazione. Sono stati una boccata d’ossigeno dopo una lunga serie di edizioni all’insegna del politically correct e ci hanno permesso di dire con estremo orgoglio che è veramente possibile cambiare.
Sheryl Crow cantava “A Change Would Do You Good” e come darle torto? Con “Zitti e Buoni” è venuto meno il canone tradizionale della canzone sanremese con tutti i suoi crismi, che parla di amore (se tormentato, meglio ancora) e tribolazioni e che finisce per essere una copia di tante altre mille canzoni che finiremmo per ascoltare inevitabilmente in radio.
Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan hanno portato sul palco dell’Ariston un brano dalle sonorità rock, scritto interamente da loro e che vuole mettere in discussione i trend musicali più attuali pur mantenendosi fedele allo stile Måneskin, continuando così un percorso iniziato nel lontano 2017 sul palco di X Factor con l’EP “Chosen“. In un mercato discografico saturo di trap, reggaetón e pop preconfezionato, il ritorno all’analogico, al suono puro, duro e crudo deve essere necessariamente premiato.
Un altro aspetto delle esibizioni dei quattro musicisti che mi ha profondamente colpito è stata la sicurezza e la naturalezza con cui hanno calcato un palco così simbolico e determinante per la carriera di un artista italiano. Poco importa se per molti miei colleghi “non ci sia stata nessuna rivoluzione rock al Festival di Sanremo“. Invece di ragionare per compartimenti stagni e restare ancorati a qualcosa che nemmeno i Maneskin penso possano e vogliano profanare, la vera rivoluzione sta nel raccontarsi senza filtri e in totale spontaneità, senza la pretesa di piacere a tutti, ma alzando la voce e ribadendo: “Io sono qui e faccio quel che mi pare, che mi riesce meglio e che meglio mi identifica”.
Siccome la gente parla, ma probabilmente non sa davvero di che c***o parla (Cit. necessaria), un podio tradizionale ai loro occhi avrebbe fatto comodo. Questo perché, secondo il loro punto di vista, “Se i Maneskin sono rock, gli asini volano“, “Se questi ci sanno fare, allora i mostri sacri cosa dovrebbero dire?” e così via. Vasco Rossi e Piero Pelù hanno fatto un endosement vero e proprio nei riguardi del gruppo e già questo dovrebbe dirla lunga. Personalmente penso che abbia vinto il coraggio di saper seriamente osare, strizzando l’occhio anche ad un pubblico più giovane che sicuramente non ha vissuto in prima persona le gesta di tante band rock/prog-rock/alternative rock, ma che attraverso questa giovanissima band può provare ad assaggiarne anche solo un pezzetto e goderne.
Venerdì è in arrivo il loro nuovo album, “Teatro d’Ira – Vol. 1“, il primo capitolo di un nuovo progetto più ampio che si svilupperà nel corso dell’anno e che racconterà in tempo quasi reale i diversi sviluppi creativi della band insieme alle prossime importanti esperienze. Il disco è stato scritto interamente dalla band e registrato in presa diretta, con l’intento di richiaramare le atmosfere dei bootleg anni ’70, ma soprattutto con il profondo desiderio di ricreare tutta la dimensione live che il gruppo ha vissuto in questi tre anni. Dopo il coronamento di un sogno al Festival di Sanremo, a maggio li attenderà l’Eurovision Song Contest a Rotterdam. Le premesse per il “comunque vada, sarà un successo” ci sono tutte.
SANREMO 2021 – MÅNESKIN: La sincerità nella musica paga sempre
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