Live Report: TEARS FOR FEARS live
Dopo l’annullamento del concerto previsto a maggio 2018, il “Rule The World Tour” dei Tears for Fears ha finalmente fatto tappa ad Assago, un anno dopo. Vi raccontiamo com’è andata.
Parliamone: un concerto non può durare un’ora e mezza. Per nessuna ragione al mondo. Il minimo sindacale sono due ore. Eppure questa toccata e fuga, ai Tears for Fears gliel’ho perdonata subito. Primo: perchè l’anno scorso, tutto sommato, un’ora e mezza sarebbe stata meglio di un bidone. Secondo: perchè le canzoni, quelle belle, le hanno fatte tutte. Terzo: perchè sono i Tears for Fears, e tanto basta.
Salgo in metro e mi guardo attorno, osservo la gente scendere e salire per capire chi arriverà con me al capolinea: coppie di cinquantenni innamorati, per lo più, assieme a comitive di uomini – rigorosamente con fede al dito! – in evidente stato di libera uscita. Si concedono schiamazzi come adolescenti al concerto di Guè Pequeno. Percorro la passerella che mi porta dall’altro lato della tangenziale e mi avvicino all’ingresso della Sky Box, dove incontro Marco che condividerà con me la serata. Saliamo fino al quinto piano e ci sistemiamo nella nostra balconata. In teoria dovremmo sentirci dei privilegiati, con frigo bar a disposizione e sufficiente spazio per stravaccarci e rilassarci. Invece soffriamo perchè siamo lontani dalla magia che da lì a poco i Tears for Fears diffonderanno tra il pubblico.
Ci concediamo un ascolto disattento del cantante-spalla – tale Justin Jesso – che fa da sottofondo alle nostre chiacchiere. Intanto, ci guardiamo attorno: il Filaforum si riempie velocemente , tutto. File di seggiole blu colorano il parterre, ma il pubblico resta seduto giusto il tempo che separa le ultime note dell’esibizione di Jesso dall’attacco di “Everybody wants to rule the world”: sono tutti in piedi, l’accoglienza è spettacolare, i Tears For Fears ci sono sul serio, questa volta.
Eleganti, signorili, raffinati come solo loro sanno essere, Roland Orzabal e Curt Smith aprono in grande stile, ma anche il resto non è da meno. I Tears for Fears suonano una scaletta corta ma composta per lo più dai pezzi di “The Hurting”, “Songs from The Big Chair” e “Seeds of Love”. Le canzoni si susseguono fluidamente,una dietro l’altro, intervallate da qualche frase pronunciata in un italiano niente male. Dopo “Sowing the seeds of Love”, arrivano le bombe “Pale Shelter” e “Advice for the young at art”, e sono quasi dispiaciuta che le abbiano suonate così presto.
Poco male, perchè sta per arrivare una sorpresa (per chi non ha già spiato la scaletta, che è identica a quella delle date precedenti): una cover di “Creep” dei Radiohead, piacevole ma trascurabile, che chiude idealmente una prima parte del live prima di farci entrare nel vivo della loro esibizione, con altri pezzi memorabili tra cui “Change”, “Mad World” e la commovente “Woman in chain”. “Head over heels” e “Broken” chiudono – troppo presto – la scaletta, a cui segue un brevissimo bis con “Shout”.
Mi accodo alla folla che piano piano svuota il Filaforum, mentre “Shout” suona nella testa e non mi lascia per tutto il tragitto. Mentre sorrido pensando che non dormirò – non dormo mai dopo i concerti, l’adrenalina è peggio di qualsiasi eccitante chimico – penso a quel bambino che oggi pomeriggio cantava “Soldi” di Mahmood sul tram, e mi chiedo se anche lui, tra vent’anni, sarà felice come sono felice io stasera, dopo il concerto del suo idolo.