Tutto Molto Bello 2019: come è andata?

Tutto Molto Bello 2019: come è andata?

Per ogni agosto che finisce, c’è un Tutto Molto Bello che comincia. A Bologna, naturalmente. E per gli appassionati dell’evento, ogni anno in questo weekend termina l’apatia post rientro dalle vacanze. Si tratta del primo Festival della stagione bolognese (dopo la Festa dell’Unità, certo), si tratta di un festival unico nel suo genere che unisce musica e sport, due passioni nazionali.

Alla sua 9° edizione, il Tutto Molto Bello, che deve il nome alla nota espressione del grande Bruno Pizzul, ha dato vita a una tre giorni all’insegna della musica e dello sport, appunto, presso il Parco del Dopolavoro Ferroviario, uno spazio a due passi dal centro e dalla stazione che comprende al suo interno sia i campi dove si si sono svolte le sfide a calcetto, sia i palchi che hanno ospitato i live.
Ah, a proposito, ha vinto la squadra del Festival del Primavera Sound (sti stanieri oh!)  in un ultimo match con la Santeria finito 5 a 3.

È toccato a La Rappresentante di Lista, venerdì, dare inizio ai live con un concerto gratuito sul nuovo “Pizzul Stage”, palco totalmente gratuito che quest’anno si è aggiunto a quello del Locomotiv e al grande palco dell’Arena Puccini.
Veronica ha trasmesso come sempre una roba assurda. Il contatto intimo che ha col pubblico dei suoi concerti, con la vena teatrale che da sempre la contraddistingue, ha aperto le porte del Tutto Molto Bello introducendo appieno gli spettatori alla tre giorni del Festival. Quella di Bologna è stata la penultima di una serie di date nei maggiori festival (e non solo) del Paese. Un percorso forse in salita quello della band che dalla sua nascita ha visto più persone avvicendarsi al suo interno, fino alla sua composizione attuale che vede accanto a Veronica, tra gli altri, oltre il suo storico chitarrista (e seconda voce) Dario Mangiaracina, anche la sorella Erika.

È stato Mahmood l’artista protagonista della prima serata in Arena Puccini. Alessandro si dimostra come davvero è, spigliato, con i suoi mille “raga” rivolti al suo pubblico che è sempre più numeroso e sempre più variegato. Ha presentato i pezzi del suo “Gioventù bruciata” (incluso “Soldi” ovviamente) e il suo ultimo singolo “Barrio”: “È la seconda volta che lo faccio”, dice. E lo fa per ben due volte deliziandoci con un bis che tutti cantano.

Sabato il programma musicale è inziato con la performance, sul Pizzul Stage, di Andrea Laszlo De Simone, il raffinato songwriter torinese di casa 42 Records, che si sta imponendo come uno dei nomi più seguiti nel campo della sperimentazione cantautoriale. Andrea Laslo De Simone è quell’artista che aspettavamo da anni, quello che canta solecuoreamore e non è banale. Lo ha dimostrato anche a Bologna, e se la gente le canzoni le canta stai andando senza dubbio nella giusta direzione.

Il pubblico dell’Arena Puccini ha assistito poi a un doppio set esclusivo, quello dei Bud Spencer Blues Explosion, nella versione in duo in occasione del decennale del loro progetto, e dei Colle Der Fomento, dal 1994 una delle formazioni più storiche del rap italiano.

Una “combo” esplosiva che con l’apparizione eterea di Emmanuelle (dea della Dj-Culture e musicista elettronica apprezzatissima, metà producer e metà chanteuse) dal palco del Locomotiv ha chiuso una giornata di musica di quelle che l’anno prossimo siamo curiosi di sapere cosa si inventeranno gli amici del Festival.

Ieri (domenica) ha aperto l’ultima giornata di concerti il nuovo live dei Jennifer Gentle, che ritornano sulla scena dopo un lungo periodo d’assenza. E menomale perché un po’ ne avevamo bisogno! Da sempre è una delle band più singolari del panorama indie-rock italiano: tra lo psichedelico, il pop e la sperimentazione sempre presente, sono stati la prima band a incidere con la Sub Pop.

All’Arena Puccini per l’ultima sera una doppietta con due tra gli autori più stimati degli ultimi anni: Giovanni Truppi e Giorgio Poi.

Di Giovanni Truppi si è sempre detto troppo poco. Arriva quest’anno con “Poesia e civiltà”, il suo disco migliore, dai temi trattati con una poetica banale nemmeno lontanamente, sicuramente più classica rispetto ai brani del passato, con un suono forte e ricercato che nel live si è sentito tutto.

Tocca a Giorgio Poi chiudere il Festival. Bologna lo ha adottato qualche tempo fa, lo vedi passeggiare spesso per le strade del centro. E quando non vedi lui vedi Calcutta. Che a volte ci chiediamo se tra di loro si incontrano quando noi non li vediamo. Giorgio Poi ha raccontato le sue storie su un palco con un grande “poi” alle sue spalle. Intona i suoi pezzi migliori, come “Vinavil” o “Missili”: il pubblico cambia ancora, questa volta è più orientato alla platea indie, quella dei regaz che cantano i pezzi freschi che ci ha regalato in questi ultimi anni.

Che io alla fine non ve lo si dire poi così bene cos’è, per chi vive a Bologna, il Tutto Molto Bello. È quella cosa che aspetti tutti gli anni, che segna la fine di qualcosa (l’estate) e l’inizio di qualcos’altro (l’autunno). Che ogni anno non ce lo diciamo ma ci pensiamo sempre a questa cosa qua. E con la mente tentiamo di ricordarci chi c’era il venerdì dell’anno prima o il sabato di due anni fa. Il Tutto Molto Bello ha visto passare artisti che oggi vendono sicuramente più dischi di quando a guardarli eravamo noi, una ventina di regaz a bere le birrette dopo aver preso il 21 da via Marconi. Di pomeriggio, per vedere le partitelle. Di sera, per ascoltare quegli stronzi che ci accompagnavano da mesi in cuffia.

E viva Bolo, quindi. E lunga vita al Tutto Molto Bello.

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Credits foto: Marianna Fornaro

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