Venezia 80: il commento a mente fredda
Sono ormai passati quasi dieci giorni dalla proclamazione dei vincitori della mostra, è ora di fare una riflessione a mente fredda, lontani dall’euforia del Lido.
Il Leone D’oro è andato a Poor Things! Di Yorgos Lanthimos e, come ricorderete da questo articolo, che il film fosse in aria di Leone si era detto praticamente da subito.
Il film è un mix tra uno sci-fi e un film di formazione in cui la protagonista, una donna adulta, viene riportata in vita da uno scienziato pazzo con il cervello del feto che portava in grembo al momento della morte. Detta così sembra un mix tra Big, il Frankenstein di Mary Shelley e noi quando apriamo il sito dell’agenzia delle entrate.
Ma ne parleremo nel momento dell’uscita in Italia che è stato fissata per il 25 gennaio 2024; se invece sarete in viaggio negli States sappiate che il film lì uscirà l’8 dicembre ma ricordatevi prima di entare in sala che il film è in lingua originale e non è doppiato, capito Favino? Durante la Mostra il film ha sempre guidato la classifica della stampa straniera e della stampa italiana con la media più alta, diciamo quindi che ci si aspettava un premio importante. Oltre alla statuetta più importate mi piace ricordare che il regista ha vinto un orologio costoso di una marca francese che inizia per C: non so perché ma ho una vera e propria ossessione ansiogena in cui immagino i vincitori presi dallo sciabolare champagne che si perdono 50k di orologio al bar come se fosse una festa di laurea qualsiasi. Se conoscete il pr di quel marchio che finisce per artier per favore fatemi scrivere un whatsapp rassicurante, grazie.
Il Leone D’argento per la migliore regia è rimasto in casa ed è andato a Matteo Garrone con Io Capitano che è uscito praticamente subito dopo la prima veneziana. Il regista sta andando in giro a presentare il film, quindi state all’erta.
Al film è andato anche il premio Marcello Mastroianni per il migliore attore emergente a Seydou Sarr. Io Capitano è sostanzialmente un road movie sulla storia di due cugini senegalesi che decidono di partire per il “il viaggio”, ovvero attraversare l’Africa per arrivare in Europa.
La forza del film è soprattutto narrativa tanto che si ha l’impressione che il regista riporti al minimo gli elementi di realismo magico del suo cinema per togliere spazio il meno possibile alla storia che viene raccontata – per quanto possibile, per ammissione di Garrone stesso – in un’ottica non occidentale.
Insomma, per una società come la nostra in cui una delle massime espressioni del distacco dalla famiglia di origine è quella del fuori sede che a 18 anni parte per l’università- questo sedicenne che parte di nascosto della madre per attraversare il deserto dovrebbe perlomeno fornirci una prospettiva differente di quella dei pacchi-da-giù. Il racconto che ci viene fornito è semplice, individuale e universale al tempo stesso: l’eroe sceglie di inseguire il suo sogno e fa di tutto realizzarlo, compiendo il suo arco di trasformazione attraverso il quale non perde mai l’innocenza (quest’ultimo tratto del personaggio forse è il meccanismo più forte di tutto il film).
Il film nel momento in cui parliamo ha incassato 9 milioni ed è attualmente in 4 posizione al box office italiano.
Un altro film sui migrati ma con un punto di vista geopolitico è stato premiato col Premio Speciale della Giuria: Green Border di Agnieszka Holland: il film parla dei migranti bloccati in bielorussia, una storia ancora più vicina a noi che secondo gran parte della critica vale la pena di essere ascoltata. Seppure di tipologie molto diverse, la presenza di questi due film e la propria importanza rispetto ai premi maggiori della mostra, significa che quello delle migrazioni è un tema così rilevante per l’Europa da meritare racconti di primo piano.
Il Gran Premio della Giuria (sì, lo so: sembra lo stesso premio ma non lo è) è andato invece a Evil does not exist di Ryusuke Hamaguchi che sicuramente ricorderete per Drive my Car, il film che ha vinto l’Oscar come migliore film straniero nel 2022. Il film non ha ancora una data di uscita in Italia ma quando uscirà ve ne accorgerete perché quel vostro amico infuoiato per il cinema giapponese vi martellerà per portarvi nel cinema d’essay più vicino a vederlo. Ma non abbiate paura chè il film a ‘sto giro dura meno di due ore quindi non dovrete nemmeno prendere un permesso a lavoro.
Il Premio per la Miglior Sceneggiatura è andato invece a Pablo Larraín e a Guillermo Calderón per El Conde, in film in cui il dittatore Pinochet viene descritto come un vampiro; ne parleremo nei prossimi giorni, il film è su Netlix. Il premio è stata una sorpresa anche alla luce del fatto che il film non era stato accolto con particolari lodi, tanto da essersi beccato una media di 2.6 stelline su 5 nella classifica della stampa internazionale.
Chazelle & co hanno poi assegnato entrambe le Coppe Volpi a due attori americani: Cailee Spaeny per Priscilla di Sofia Coppola (ma come, e Emma Stone?) e Peter Sarsgaard per Memory di Michel Franco. La prima è un’attrice praticamente emergente mentre il secondo ha una filmografia infinita come attore non protagonista, quindi questa parrebbe la grande occasione per dare una svolta alla sua carriera, staremo a vedere cosa succederà al suo percorso durante la stagione dei premi. Nel frattempo, qualche maligno ha fatto notare che gli unici premiati fossero proprio gli americani con in mano un “waiver” del sindacato che hanno quindi potuto promuovere il film.
A proposito di rampe di lancio, negli ultimi anni Venezia ha sempre segnato un importante punto del percorso per i film in concorso, generalmente cioè, chi vince qualcosa al Lido poi prosegue la propria galoppata verso la cosiddetta “award season”.
Solo l’anno scorso infatti è successo con Gli Spiriti dell’Isola, Tàr, Blonde e The Whale: tutti presentati a Venezia e poi canditati nelle diverse categorie degli Academy Awards. Speriamo che Venezia porti fortuna anche a Garrone che al momento è nella lista italiana per la candidatura a migliore film straniero.
Cosa è rimasto di questa edizione
Sicuramente la polemica Favino-Driver che ha generato una quantità di meme non indifferente ma ha anche dato inizio ad un dibattito interessante sullo stato del cinema italiano, soprattutto dal punto di vista dei non italiani.
Poi presenza Guadagnino durante tutta la kermesse in modalità flaneur, che viene infine beccato a pranzo con Jacob Elordi nella speranza di accattarselo per il suo prossimo progetto davanti a un piatto di sarde in saor.
Ultima ma non ultima i ben sei film italiani in concorso: raggiungeremo mai più una cifra così elevata? Beh, speriamo di sì ma speriamo anche che il cinema italiano possa ampliare i propri orizzonti narrativi guardando più lontano, possibilmente almeno oltre i cap di Roma.