VENEZIA 81: I premi e la recensione del Leone D’Oro
Si è appena conclusa un’edizione fortunata della mostra del cinema di Venezia che secondo il presidente della biennale ha segnato un +12% di presenze al Lido.
A parte la fausta novità dell’aumento delle presenze, le dinamiche del concorso sono state più o meno le stesse: hype alle stelle per determinati film, rumors su eventuali premi e puntuale smentita da parte della giuria.
Durante la mostra le voci si erano infatti perlopiù concentrate su The Brutalist che però ha ceduto il Leone d’Oro a La Stanza Accanto di Pedro Almodovar. Corbet si è dovuto “accontentare” del Premio per la migliore regia, ottimo risultato per il film dalla durata di 3h35 – girato in 70mm – che cercava un lasciapassare per intraprendere una strada meno in salita verso la stagione dei premi e il botteghino. Il Leone d’Argento è andato all’Italia con Maura Delpero col film Vermiglio, al suo secondo lungometraggio dopo Maternal. Sicuramente il premio accredita Delpero ad una probabile entrata nella cinquina dei film canditati all’Oscar per l’Italia.
Forse la vera sorpresa è stata la Coppa Volpi per Vincent Lindon, viste anche le ottime interpretazioni dei blasonati divi di Hollywood come Adrien Brody e Daniel Craig, verso cui si erano indirizzate tutte le previsioni.
La Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile è andata a Nicole Kidman, assente a causa dell’improvvisa morte della madre. Kidman ha vinto con il film Baby Girl di Halina Reijn, un ruolo piuttosto coraggioso per Kidman che si è messa in gioco interpretando una donna di potere messa a confronto col proprio desiderio. Il film ha suscitato anche qualche polemica tra gli spettatori della biennale che l’hanno accolto tiepidamente in sala. Torneremo a parlare del film nei prossimi giorni.
Vince il premio Orizzonti The New Year That Never Came di Bogdan Muresanu; sempre nella stessa sezione, una menzione speciale va a Sarah Friedland, vincitrice del premio per la migliore regia e del Premio De Laurentis come migliore emergente con il film Familiar Touch; al film va anche la migliore interpretazione femminile con l’attrice Kathleen Chalfant.
The Room Next Door
Torniamo per un attimo al vincitore del Leone, il maestro del cinema spagnolo Pedro Almodovar.
La sua carriera inizia alla fine degli anni 70, il regista e ha all’attivo più di venti lungometraggi e due Oscar (miglior sceneggiatura originale per Parla con Lei e miglior film straniero per Tutto su mia madre), eppure per lui questa era una prima volta: il primo lungometraggio realizzato in lingua inglese.
Il film è l’adattamento del romanzo Attraverso la Vita e racconta di Martha, che secondo le parole dello stesso regista, “agonizza in un mondo agonizzante” e di Ingrid, sua amica di vecchia data, con cui riprende i contatti dopo anni in modo fortuito.
La vita di Ingrid cambia quando Martha decide di porre fine alla sua vita e le chiede di stare semplicemente nella stanza accanto alla sua quando il momento arriverà.
Contrariamente alle semplificazioni nelle quali questo film è già incappato, La Stanza Accanto non è un film sulla morte ma, al contrario, sulla vita e su come si scelga di viverla fino alla fine.
Il film vive di due significati che viaggiano parallelamente sulla stessa linea narrativa. Da un lato l’autodeterminazione dell’essere umano, l’empatia e l’amore di Ingrid nei confronti di Martha, sul quale il film sembra porci la domanda: avremmo fatto la stessa cosa?
Dall’altro il dialogo tra Turturro e Moore ci porta invece fuori dalla realtà diegetica, nel mondo reale, il mondo agonizzante a cui fa riferimento Almodovar: cosa fare per vivere e sopravvivere sulla terra in mezzo a tutto quello che sta succedendo tra guerre e cambiamento climatico?
La Stanza Accanto è tuttavia un film privo di melodramma, i dialoghi sono sempre asciutti e la regia segue sempre questa precisa scelta artistica per tutto il film; tuttavia non è un film privo di poesia: come negli altri film del regista ci sono i colori, i riferimenti all’arte (Hopper) e all’architettura ( Lloyd Wright) con la stupenda casa nel bosco. La storia viene portata avanti Tilda Swinton e Julian Moore che firmano una prova attoriale di straordinaria sintonia oltre nel totale binarismo estetico che le mostra quasi come opposti in attrazione.
È sicuramente un film di cui si parlerà a lungo, nel bene o nel male anche per le dichiarazioni del regista che in conferenza stampa si è più volte schierano a favore dell’autodeterminazione dell’essere umano.